Il 18 dicembre le associazioni che formano il Comitato Toscana Pride hanno annunciato che dopo Firenze (2016), Arezzo (2017) e Siena (2018), la prossima manifestazione regionale del Pride sarà organizzata a Pisa nel giugno del 2019.
6gennaio 2018 da Comunicato Arcilesbica Pisa-Livorno
L’evento avrà un valore speciale perché realizzato a distanza di 40 anni dalla prima “Marcia del Movimento Omosessuale Italiano”, che si tenne proprio a Pisa nel 1979.
In Italia dalla fine degli anni ’70 ad oggi molte cose sono cambiate: non pensiamo solo alle unioni civili (un passo importante verso il matrimonio egualitario), quanto soprattutto al fatto che le persone gay, lesbiche, intersessuali, transgender e asessuali non vivono più nell’ombra, sono visibili quanto le persone eterosessuali nelle loro famiglie, nei posti di lavoro, nel mondo dello spettacolo e dello sport.
Il radicamento graduale della visibilità ha avuto una potenza rivoluzionaria, perché di fatto nella convivenza quotidiana la gente ha imparato a comprendere le differenze di ciascuno e a non averne più paura. La visibilità ha iniziato a disinnescare il meccanismo del pregiudizio fondato sull’ignoranza, ha permesso alla gente di costruire relazioni fondate davvero sulla conoscenza reciproca e ha reso le rivendicazioni di una minoranza (vittima nel tempo di pensanti discriminazioni) una questione di interesse collettivo, sollecitando una tanto importante quanto necessaria discussione politica in tema di riconoscimenti e diritti.
Il Popolo della Famiglia, partito dichiaratamente “ispirato ai valori cristiani” fondato nel 2016 da Mario Adinolfi, non è contento di questo percorso di civiltà compiuto negli ultimi decenni.
Per questo qualche giorno fa la sezione di Pisa ha diffuso un comunicato stampa contro la decisione di portare un Pride in città. Le motivazioni di questo attacco sono incentrate su un immaginario assai distante dalla realtà, che accusa lo storico corteo del Pride di essere un groviglio indefinito di volgarità e depravazione. Dai firmatari vengono citate a sproposito le città di Siracusa e Pompei, secondo loro colpevoli di aver ospitato in estate Pride colmi di atti blasfemi e bestemmie. È ovvio che il comunicato del Popolo della Famiglia, denso di stereotipi omofobi, si rivolge a chi ad un Pride non ha mai partecipato, perché tutti gli altri possono smentire facilmente questo tentativo di mistificazione (alterazione della verità), che ha il solo scopo di marchiarci ancora una volta come persone “sbagliate” e quindi per forza di cose “cattive”.
Facciamo chiarezza.
Il Pride di Siracusa quest’anno ha scelto come titolo la frase “Essere umani” ponendo come centrale il tema dei diritti e legandolo a quello dell’accoglienza. L’unico momento passato alla cronaca della manifestazione siciliana è stato l’atto di imposizione della Digos di eliminare dal corteo pacifico uno striscione critico verso l’agire del Ministro Matteo Salvini, che diceva:
“per sempre in lotta contro Salvini, l’omofobia e tutti i confini”.
In quei giorni infatti i veri scandali su scala nazionale furono creati dalla decisione del Vicepresidente del Consiglio (Salvini appunto) di chiudere i porti italiani e di non concedere l’autorizzazione di sbarco alla nave Acquarius (che portava a bordo 629 naufraghi tra cui 123 minori non accompagnati) e dall’intervento pubblico del Ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, anche lui leghista, che aveva dichiarato senza mezzi termini “le famiglie arcobaleno non esistono”. Una frase con la quale Fontana aveva agito di forza sfruttando il suo ruolo, con l’intento di schiacciare proprio quella visibilità alimentata dal coraggio che ha dato vita ai Pride, che ha fatto la storia, che ha caratterizzato una ribellione nonviolenta ai soprusi, simbolicamente rappresentata da una bandiera con i colori dell’arcobaleno, ovvero quelli della pace. Vogliamo ricordare anche il Pride di Pompei, citato in maniera negativa senza motivo dal Popolo della Famiglia, una manifestazione che il 30 giugno scorso ha ospitato migliaia di persone provenienti da tutta la Campania e che ha aperto il proprio documento politico non con un’invettiva contro qualcuno ma con la bellissima frase di Piero Calamandrei:
“La nostra Costituzione è in parte una realtà, in parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere”.
Parole che ci indicano un percorso in divenire e che ci motivano all’impegno civile.
Il Popolo della Famiglia accusa i Pride di “offendere Gesù e la Madonna”, quando invece i Pride chiedono una maggiore laicità dello Stato e un maggiore rispetto delle istituzioni democratiche. Emerge dalle parole di questo partito la palese volontà di creare una netta separazione tra chi crede e chi no, tra chi partecipa al Pride e chi no. Ma nella realtà questi muri non esistono. I Pride oggi sono voluti e sostenuti da numerosi soggetti: associazioni culturali, organizzazioni internazionali (come Amnesty International e Greenpeace), reti di studenti, gruppi di scout, università, consolati, comitati di cittadini, servizi civili, centri antiviolenza, sindacati, pubbliche assistenze e anche molte chiese. Lo stesso Pride di Pompei è stato sostenuto dalla Chiesa Cristiana del Vomero, dalla Chiesa Metodista di Napoli, dalla Chiesa Valdese di Napoli. Tra le adesioni anche quella dell’Associazione Ponti Sospesi – Omosessuali credenti di Napoli che condivideva con gli altri organizzatori questo pensiero: “noi ci saremo per testimoniare che la fede cristiana e l’omosessualità non camminano in strade separate. Noi ci saremo per costruire ponti di speranza e di dialogo. Noi ci saremo perché desideriamo un mondo senza pregiudizi, aperto all’amore incondizionato che ci insegna il Dio in cui crediamo”.
“Camminiamo a testa alta, oltre le paure e le falsità di chi ci umilia. Nelle case, per le strade e nelle piazze, a Pisa e ovunque nessuno ci potrà vietare di esistere. Amici e amiche, genitori, fratelli, sorelle, vicini di casa, colleghi… sarà bellissimo vedervi accanto a noi anche quest’anno al Pride, nella nostra amata città. Vi aspettiamo!”
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