28agosto 2017 di Ruggero morelli
Luca De Biase direttore del prestigioso supplemento Nova – innovazione e tecnologia – scrive sulla prima pagina del Sole24 Ore:
”Il tema del futuro del lavoro è dunque essenzialmente il tema della comprensione delle conseguenze della grande trasformazione attuale. Il Sole24 Ore cerca chi dimostri di comprendere questa trasformazione. E dedica a questa ricerca una serie di articoli che comincia qui. Nelle prossime tappe, si cercherà di comprendere in che senso l’intelligenza artificiale può trasformare il lavoro, in che modo le relazioni sociali che si sviluppano in rete influenzano il successo delle aziende e dei professionisti e come evolvono i compiti di chi lavora nelle fabbriche della nuova automazione.
Ma sarà solo l’inizio di un viaggio nel quale ogni passaggio va preso come una preparazione del successivo. Perché il futuro non si prevede: si costruisce.”
Si parla di lavoro del futuro e di un viaggio nel cambiamento
Chi questo viaggio lo sta facendo da tempo creando forme nuove di rapporti tra start up, grandi aziende ed università è la Fondazione ricerca e imprenditorialità, Fondazione R&I con sede a Genova, con una succursale a Napoli.
Rispondendo ad una lunga serie di domande su innovazione e occupazione, a Granducato tv, il prof. Riccardo Varaldo, animatore della fondazione che conta sul sostegno di Leonardo-Finmeccanica, Intesa San Paolo, Politecnico di Milano, Iit, Cariplo, Tim e Sant’Anna di Pisa, ha parlato della difficoltà di alcune grandi aziende di fare ricerca per innovare e della correlativa difficoltà di molte piccole start up di sopravvivere e/o affermarsi nel vasto mondo delle aziende cercando una loro strada o una collaborazione con le grandi aziende. Questo è l’impegno al quale si dedica, con altri economisti ed ingegneri, a tempo pieno con buoni risultati. Ha poi spezzato una lancia per quegli economisti che dagli anni 90 hanno operato in concreto per aprire laboratori di ricerca e favorire la nascita di nuove aziende: la Scuola Sant’Anna vanta un record in questo campo rispetto a tutte le università e centri di ricerca in Europa, per il numero di start up alle quali ha dato vita. Ricordo il volume edito da il Mulino ” La nuova partita dell’innovazione. Il futuro dell’industria in Italia.” 2014, che ha dato la base teorica alla Fondazione ri.it, e che fu presentato per prima dalla Confindustria di Livorno – oggi Livorno e Massa Carrara -.
La storia della Scuola superiore Sant’Anna si lega alla Piaggio sin dal 1995 quando Giovannino Agnelli con il prof Varaldo ed il Sindaco Enrico Rossi dettero vita alla cittadella dell’innovazione.
Piaggio donò infatti i locali di ben 7.000- mq che mutarono la destinazione a laboratorio e che tutt’oggi sono sede di uno dei più avanzati centri di biorobotica. La storia di questo legame è stata fissata nelle pagine del volume:’Pontedera città dei motori e dell’innovazione’ edizioni Tacete 2015, a cura di Filidei, Quirici e Spadoni. Un territorio, un’area vasta compresa tra Pisa, Pontedera e Livorno che si è caratterizzata per le invenzioni come la vespa che hanno trasformato il nostro modo di vivere nel periodo più difficile dopo la seconda guerra, e che oggi si candida e propone di guidare in Toscana la fase nuova dell’industria 4.0, parlando già di industria 5.0-
Infatti il sottotitolo del volume è: ‘dai dirigibili ai robot’.
Ed è proprio la Scuola Sant’Anna che ha innovato nei modi e metodi di insegnamento per gli ingegneri che hanno scelto di specializzarsi. Infatti, come ha ricordato il prof.Paolo Dario nella lunga e bella intervista rilasciata nell’agosto 2015 a Piero Angela, da un lato si attua uno scambio di esperienze tra aziende e centro sia inviando i dottorandi nelle aziende, sia invitando alcuni manager a partecipare come ‘docenti’ ai corsi, dall’altro si cerca di invitare i giovani a diventare potenziali imprenditori non cullandosi sulle aspettative ormai superate del posto fisso in azienda oppure negli enti pubblici. Ed è per questo come ci ha ricordato spesso l’ing. Riccardo Fontanelli, manager di società di venture capital, che nel corso di studi presso la Scuola di Pisa è stato inserito un esame di economia.
Da questa fonte si apprende che il numero della start up è tuttora molto limitato in Italia: 1.227 quelle registrate nelle cicca, 97 gli incubatoi, 40 i parchi scientifici e 65 gli spazi di coworking. E di conseguenza pochi i capitali investiti come si ricava dagli studi dell’Osservatorio permanente del Politecnico di Milano che lavora insieme alla Associazione Italia Sturtup: http://www.italiastartup.it
“Nella prossima nota cercherò di dare conto del dibattito avviato da tempo circa gli effetti della innovazione tecnologica rispetto ai posti di lavoro, come ha accennato Luca De Biase nel suo editoriale. Cito fin d’ora la mozione che l’on. Irene Tinagli ha presentato al Parlamento nell’ottobre 2015: ”Le nuove tecnologie ci renderanno tutti disoccupati?” – vedi www.irenetinagli.it/- ; tema sul quale tornano sempre sia il prof. Varaldo che il prof. Dario”