I salari di un infermiere o di un medico italiano sono tra i più bassi d’Europa, stesso discorso vale per un operaio meccanico o un insegnante, dinamica inversa invece per gli stipendi dei manager e degli alti dirigenti.
4febbraio 2018 da Giusti Federico
Sarebbe sufficiente consultare statistiche e dati ufficiali (vedi Ocse) per capire che sono proprio le basse retribuzioni a determinare il clima di sfiducia e di paura, spingendo molti\e ad emigrare per trovare un impiego dignitosamente pagato. Le basse le retribuzioni non saranno di certo incrementate dalla contrattazione di secondo livello, dal merito e dalla cosiddetta performance, contrariamente la contrattazione di secondo livello sottrarrà ulteriori quote di salario destinandole a una minoranza di lavoratori\trici pertanto, ai bassi salari si aggiungono anche ulteriori elementi di sperequazione e disuguaglianza.
Non è certo un pregiudizio ideologico a suggerci queste conclusioni, ma la semplice osservazione delle dinamiche contrattuali/retributiva in atto. Prendiamo il caso dei dipendenti pubblici: la performance ha forse premiato i lavoratori accrescendo quantità e qualità dei servizi erogati? La risposta è negativa. E la “valorizzazione” degli insegnanti? La Buona scuola non ha migliorato il sistema di istruzione, l’alternanza scuola\lavoro non favorisce l’avvicinamento ad una professione, alimenta invece il lavoro gratuito nella economia della promessa, favorisce il dilagare della precarietà. Oggi un insegnante dedica molte ore del suo tempo libero, di aggiornamento o retribuito agli adempimenti burocratici, sottraendolo all’insegnamento vero e proprio, la competitività tra Istituti (sul modello americano) non rafforza e amplia l’offerta educativa ma la standardizza e tende, nelle migliori scuole, ad escludere progressivamente la fascia di studenti meno competitivi.
Come misurare la prestazione di un medico o di un insegnante? Esiste un parametro oggettivo per stabilirne la professionalità?
La valutazione fatta sia in base alle ore lavorate o al numero delle operazioni\visite effettuate, non è sufficiente a garantire il lvello di efficienza, competenza o di capacità di dare sisposte adeguate alle richieste. Il numero elevato negli Usa di cittadini senza cura e di analfabeti di ritorno sono elementi incontrovertibili. Anche per l’istruzione, dovremmo trovare ben altri criteri che poi non sono quelli di rafforzare il potere dei Dirigenti Scolastici, mettendoli in competizione per decidere quali insegnanti assumere. Dovremmo quindi porci una semplice domanda: aumentando le retribuzioni dei dipendenti della Pa, sarebbe possibile valorizzare le professionalità accrescendo i servizi? Sicuramente salari adeguati sarebbero un passo necessario ma, gli investimenti dovrebbero riguardare anche i servizi, ammodernare gli impianti e farli funzionare in modo che possano ripagarsi (come possiamo verificare nei pochi centri di eccellenza). Sottrarre la scuola e la sanità dai vincoli di spesa e dalle politiche di austerità, consentirebbe una adeguata manutenzione dei plessi scolastici servizi migliori nel Sistema Sanitario e maggiori investimenti in formazione e ricerca. Le soluzioni appena prospettate non sembrano invece essere quelle più gettonate, anzi potrebbero essere ben altre, per esempio perseverare nelle politiche che limitano l’accesso all’Università, esempio i numeri chiusi, che fanno felici le lobby professionali con assurdi test di ingresso e che mortificano la funzione stessa dei Docenti.
In campagna elettorale assistiamo alla fiera delle promesse: dai bonus, alle sirene di aumento delle pensioni e in contemporanea abbassamento dell’età in uscita, riduzione delle tasse, al reddito garantito per tutti ecc…
Di certo la destra riesce a essere più convincente agli occhi di un popolo che si beve la vulgata di Salvini sulle pensioni, dimenticando che la Lega ha votato in Parlamento la controriforma previdenziale. Ma lo stesso discorso potremmo farlo per Liberi Uguali sul jobs act e sulla Fornero stessa. E allora di cosa abbiamo bisogno? Di un ragionamento semplice e lineare di concreta e spendibile rottura con gli schemi dell’austerità, che contrasti con la ricetta Cottarelli ripresa anche dai neoliberisti alla Bonini (che tra una promessa e l’altra, annunciano ulteriori tagli al sociale). Quindi avviare un percorso e un ragionamento che tenga insieme dinamica salariale e tutela del welfare, senza cedere ai ricatti della sanità\previdenza integrativa, per riaffermare diritti, potere di acquisti e democrazia, una sorta di programma minimo di classe di cui ormai abbiamo sempre più bisogno.