Si divide con Agenzie per il Lavoro ed Enti formativi o bilaterali
29dicembre 2015 da Giusti Federico
Lo sgravio previsto di cinque mensilità per l’assunzione del beneficiario (di sei mensilità se è donna o disoccupato da oltre 24 mesi) diventa la soglia minima di incentivo ai datori. Ma, nell’ultima ipotesi tecnica al vaglio del Ministero del Lavoro l’impresa potrebbe arrivare teoricamente fino a 18 mesi, sempre sotto forma di sgravio contributivo, qualora assuma il percettore stabilmente da subito attraverso un Centro per l’Impiego. Quindi, accanto al Patto per il Lavoro spunta un secondo “Patto per la Formazione” che interessa da vicino imprese ed Enti bilaterali e/o formativi (come Its e Cpia): anche questi soggetti, pubblici e privati, potranno pertanto “contendere” a Centri per l’Impiego e Agenzie i disoccupati percettori di reddito, da formare per poi assumerli stabilmente.
Il presupposto, obbligatorio, per far decollare il Reddito di Cittadinanza è la stipula, da parte del disoccupato, di un patto per il lavoro presso i Centri per l’Impiego e le Apl. La novità dell’ultima ora è l’introduzione di un “doppio binario” per permettere anche al mondo produttivo di salire sul carro della del M5S, interessato più che mai a ricucire con l’elettorato del Nord e a frenare l’emorragia di consensi verso la Lega. Un aspetto, quello della “gara” tra diversi attori per far assumere una risorsa beneficiaria di reddito, piace molto al vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio.
In questo disegno, con il reddito di cittadinanza che inizia ad avere sempre più la veste di vera politica attiva e formativa oltre che di semplice lotta alla povertà, scatterebbe per le aziende un duplice incentivo: le 100 ore di formazione gratuite, equivalenti a circa 2-3 mesi “sui banchi” e lo sgravio in caso di assunzione stabile. L’agevolazione sarà a scalare: intera in caso di assunzione immediata di una risorsa attraverso il servizio pubblico oppure a metà se attraverso le Apl o gli enti bilaterali e formativi. La durata dello sgravio viene modulata sulla base dei mesi già fruiti dal beneficiario, secondo lo schema 18 mesi meno quelli nel frattempo intascati. Se per esempio, l’impresa dovesse assumere dopo tre mesi di formazione, ne resterebbero 15 da trasformare in esonero, pieno o a metà a seconda del canale di ingresso. Trattandosi di sgravio contributivo, secondo fonti di Governo, non dovrebbero sorgere problemi di mancato rispetto del “de minimis” (la normativa europea sugli aiuti di Stato, ndr). È prevista anche una norma per scoraggiare comportamenti “opportunistici”: il contratto dovrà essere almeno di 24 mesi, salvo poi essere stabilizzato visto il nuovo tetto biennale sui rapporti a termine introdotto dal decreto dignità e pienamente operativo dallo scorso 1° novembre. In caso, quindi, di recessi “anticipati”, prima cioè dei 24 mesi, l’azienda dovrà restituire il contributo statale ricevuto.
L’ultimissima versione del Decreto, atteso i primi di gennaio sul tavolo del Consiglio dei ministri, come confermato ieri dal premier, Giuseppe Conte, introdurrà da aprile il Reddito di Cittadinanza prevede altre due novità.
- La prima è che nell’ammontare dell’assegno (fino a 780 euro mensili per un single) entra anche il mutuo: chi lo paga avrà un’integrazione fino a 150 euro, entro comunque il tetto massimo di 780 euro. Per l’affitto la somma aggiuntiva riconosciuta dall’Erario è fino a 280 euro; se la casa è di proprietà la stessa cifra viene detratta. La soglia di integrazione al reddito può arrivare fino a 500 euro.
- La seconda novità riguarda il criterio di individuazione delle tre offerte di lavoro che il percettore del reddito non potrà rifiutare, pena la perdita del sussidio. Qui si ragiona su un mix di requisiti: distanza chilometrica da dimora o residenza e durata del beneficio.
Anche qui un esempio: se il disoccupato usufruisce di un assegno da sei mesi, non potrà rifiutare un’offerta entro i cento chilometri. Se il sussidio, rimanendo sempre nel medesimo esempio, è percepito già da dodici mesi, non si potrà dire no a un impiego anche a una distanza superiore ai cento chilometri. Al fine di evitare “deportazioni” si sta ipotizzando di circoscrivere gli allontanamenti da casa a chi non ha carichi familiari, vale a dire è un single, oppure di prevedere forme di agevolazione se si dovesse accettare un lavoro molto distante da casa. Come un contributo all’affitto.