lavorare sino a 70 anni, versare oltre 43 anni di contributi per non avere una pensione sufficiente a vivere una vecchiaia autonoma

Da: Calogero Cannarozzo

Date: 03 marz3303730-ritratto-di-una-donna-anziana-in-sedia-a-rotelle-che-il-pollice-fino-segnoo 2014 00:23

La controriforma Fornero ha colpito pesantemente le vite di molti lavoratori, prima di tutto i cosiddetti esodati, e poi tanti altri, per i primi facendo mancare i mezzi di sostentamento di tante famiglie per gli altri sconvolgendone i progetti di vita. Ha poi colpito in particolare alle donne, con un drastico aumento dell’età per la pensioni di vecchiaia. Ma ha anche avuto un significato epocale abolendo completamente la pensione di anzianità e lasciando solo quella di vecchiaia spostata ad una età impossibile che in pochi anni arriverà a 70 anni. Inoltre ha portato a compimento il percorso verso il sistema contributivi che se ci pensate significa l’abolizione del diritto a mantenere, dopo una vita di lavoro , il livelli di qualità della vita raggiunti. Ha creato sistema dove intere generazioni dovranno lavorare sino a 70 anni, versare oltre 43 anni di contributi e non avranno una pensione sufficiente a vivere una vecchiaia autonoma. Su questo percorso al peggio bisogna riconoscere le nostre responsabilità; tutte le manomissioni del sistema pensionistico pubblico sono state o concordate o accettate di fatto dai sindacati confederali, che si sono fatti trascinare nella logica liberista accettando come dato di fatto che la pensione pubblica è per forza insufficiente e che quindi bisogna integrarla, istituendo i fondi pensionistici che in realtà danno ben poco ai lavoratori e anzi sottraggono loro la disponibilità del Tfr.

Bisognava capire che il punto finale di arrivo che i governi volevano e vogliono raggiungere con la demolizione del sistema pensionistico pubblico il via libera alle speculazioni e agli affari della previdenza privata. E allora dobbiamo dirlo con chiarezza: il sistema pensionistico pubblico deve ritornare ad essere un sistema universalistico, basato sul rapporto solidale tra generazioni, senza la presenza dei privati. Solo con questa premessa si può bloccare l’attacco ideologico e culturale che vuole contrapporre prima i lavoratori più vecchi a quelli più giovani, per poi tagliare le pensioni a tutti.

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Noi quindi dobbiamo richiedere che la previdenza integrativa abbia una funzione meramente aggiuntiva, volontaria, revocabile e che, in ogni caso, i lavoratori devono avere piena disponibilità sul Tfr;

le nostre richieste devono essere poche e chiare:

• reintrodurre il sistema retributivo con regole uguali per tutto il mondo del lavoro e con la sola giusta possibilità per chi fa lavori usuranti di andare in pensione prima;

• il sistema previdenziale deve essere pubblico e deve garantire una pensione pari all’80% dell’ultima retribuzione con 40 anni di contribuzione.

• la pensione di vecchiaia deve tornare a 60 anni con la possibilità per le donne di andare prima.

La battaglia per una giusta pensione deve essere una battaglia unificante infatti deve per prima cosa riunificare i giovani con gli anziani, i disoccupati con gli occupati, i precari con i lavoratori stabili. Per questo assume connotati più ampi, per un lavoro per tutti/tutte, un reddito per tutti perché nessuno è responsabile della crisi che è, al contrario, sistemica.

Si deve collegare alla battaglia per una pensione giusta la battaglia per garantire ai giovani la possibilità di avere un lavoro “buono”.

• introdurre il reddito minimo garantito per tutti e tutte, compresi i migranti, a cui vengono letteralmente rubati tutti i contributi INPS.

Così questa battaglia ci insegna la solidarietà e l’unita perché contrasta prima di tutto la divisione fra generazioni che i vari governi hanno messo alla base dei loro attacchi al sistema pensionistico.

In questo senso la nostra iniziativa, l’Assemblea RSU contro la Fornero, ha un ruolo importante e prezioso che deve essere valorizzato e difeso.

Per la prima volta da molti anni abbiamo un raggruppamento di delegati e di lavoratori che parte dal basso, che non confonde l’unità dei lavoratori con l’unità delle sigle sindacali.

Una iniziativa non settaria , che unisce lavoratori della CGIL,della CISL e della UIL con il sindacalismo di base e lavoratori non iscritti al sindacato, rompendo con incomprensioni spesso artificiali.

Una unità importante, anche localmente in una fase come questa di profonda crisi e sofferenza economica del nostro territorio, che creerà a breve momenti critici e di tensione. Penso solamente al caso della TRW e di tutto il comparto dell’automotive di Livorno.

Decisioni importanti, radicali e conflittuali, dovranno probabilmente essere prese nei prossimi mesi, in piccole e grandi aziende, e divenire all’ordine del giorno nei conflitti e vertenze per la difesa del proprio posto di lavoro. Occupare la fabbrica, impedire lo smantellamento o il trasferimento degli impianti, creare casse di resistenza, solo per fare alcuni esempi. Sarà necessaria una presenza e una solidarietà larga che, se vuole essere vincente, dovrà essere ben più ampia dei lavoratori delle singole imprese coinvolte.

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Iniziamo quindi a Rompere l’isolamento, a creare vertenze generali, a evitare che i lavoratori delle singole imprese si sentano soli e abbandonati, a dare fiducia, a portare solidarietà e aiuti politici e materiali: questi dovranno essere i prossimi traguardi, è verso questo che dobbiamo iniziare a discutere e darci delle strutture organizzative.

Sempre rispetto l’automotive bisognerà uscire dal livello locale. Sarà necessario, ad esempio, un collegamento tra delegati della Continental di Pisa e quelli della TRW di Livorno, così come sarebbe necessario connettere i delegati livornesi di questo comparto con quelli di Torino e della FIAT; anche per il solo scambio di esperienze. Per la TRW va creato un coordinamento italiano, a iniziare dalla fabbrica di Gardone.

Solo uscendo dalla logica competitiva fra lavoratori di stabilimenti e nazioni diverse sarà possibile difendere i posti di lavoro ed i livelli di vita. Infatti questa competizione è creata ed alimentata ad arte per aumentare i profitti e diminuire i diritti ed i salari di tutti i lavoratori.

Di fronte a multinazionali che utilizzano la concorrenza tra i propri dipendenti sparsi per l’Europa al fine di imporre licenziamenti, riduzione di salari e dei diritti, appare chiaro che lo scontro è sempre più a livello continentale. Diverse maestranze di aziende francesi, tedesche e polacche, messe in concorrenza l’una con l’altra, stanno costruendo iniziative di solidarietà internazionale. Bisogna partecipare a questi coordinamenti ed estenderli anche in Italia.

 

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