Il filo conduttore, della tragicomica riflessione di Lamberto Giannini, sta nel rapporto tra posizione del bagno nei bar, in fondo a destra, e la deriva naturale della storia italiana, in fondo a destra
9novembre 2014 di Lamberto Giannini, che ci ha consentito la pubblicazione di questi brani, estratti dal suo nuovo libro, appena arrivato nelle librerie, “IN FONDO A DESTRA” Edizioni del Boccale, Euro 8,00 www.edizionierasmo.eu
Dov’è il bagno?
(Premessa) Quante volte in un bar alla domanda “Dov’è il bagno?” la risposta è “In fondo a destra?” Mi ricordo che un giorno, a Vada, mentre stavo cercando il titolo di un possibile spettacolo sulle vicende politiche degli anni ’70, entro in un bar, faccio la tipica domanda ed arriva la fatidica risposta: in fondo a destra.
In effetti, se penso alla mia visione politica, sono tentato di ipotizzare un’associazione destra = deiezione, ma poi la mente mi rimanda a uomini di destra come De Gaulle, Churchill ed altri e comprendo che, pur non condividendoli, non posso non riconoscerne la grandezza. La destra in Italia, però, non ha mai realmente acquisito la fisionomia di “destra europea” perché, anomalia solo nostra, si è proiettata più spesso verso una dimensione tendente al fascismo. Il nostro viaggio nelle vicende storiche italiane sarà un percorso cronologico nella politica nazionale con riferimento continuo ad un piccolo paese siciliano, Corleone, che è riuscito a modificare la storia della mafia e a condizionare anche lo scenario politico italico.
Il nuovismo
(pag.33) L’entrata in guerra dell’Italia nella prima guerra mondiale è una rappresentazione di come in un paese bloccato chiunque urli al cambiamento venga visto come una necessaria ventata di freschezza che serve a sbloccare il sistema, senza considerare che, spesso, questo ‘nuovismo’ si è rivelato un rimedio peggiore del male, una spinta violenta in situazioni che aggravano inesorabilmente l’esistente. In quella circostanza si urlava al cambiamento, con i nazionalisti e i futuristi che invitavano i giovani alla bella morte, che definivano Giolitti la rappresentazione prudente del grigio. In seguito il nuovismo è stato rappresentato da Mussolini, dal terrorismo degli anni Settanta, dal berlusconismo, dal grillismo e, ai nostri giorni, dal renzismo. Ovviamente ognuno di questi fenomeni è stato diverso e non equiparabile e, spesso, questa spinta pulsionale al cambiamento era, ed è, ampiamente giustificata dalla rabbia suscitata dall’ingessatura del momento, ma quasi sempre ha decretato un peggioramento ed un nuovo blocco del sistema, nel quale il nuovo si è inserito prendendo tanto del vecchio che contestava, e spostando l’Italia nel suo luogo preferito… in fondo a destra.
Berlinguer
(pag.72) Il 7 giugno [1984] a Padova Berlinguer si presenta ad un comizio per le elezioni europee; ad un certo punto, la voce diventa tenue, non ce la fa, il pubblico applaude, lui beve l’acqua, si asciuga il viso carico di freddo sudore di morte. Comunque Enrico (ormai dopo Verona per me non è più Berlinguer ma Enrico, ho deciso che alle europee voterò Pci per la prima volta) riparte ma è chiaro che si sente male.
La voce esce lenta, si sente un grido: “BASTA”, un grido che diventa storia: basta con cosa, basta con il comunismo, basta con un’altra idea di Italia, basta con la speranza? Ovviamente quel basta parte da chi lo ama e non riesce a vederlo soffrire così, ma è un basta carico di mille significati; Berlinguer viene portato in albergo e lì si percepisce il dramma: l’ultimo grande leader comunista della storia occidentale è in coma, una parte del paese è orfana e orfano è chi lo amava ma anche chi lo criticava.
Il 10 giugno il partito, per bocca di Gerardo Chiaromonte, annuncia che è iniziata la raccolta delle firme per il referendum contro il decreto Craxi sulla scala mobile, forse un tentativo estremo per mantenere la speranza. Il giorno dopo Berlinguer muore ed il 13 giugno c’è il funerale, e capisco cosa significa accompagnare la morte per sentirsene parte.
Seguo tutto, interviste, pianti, una Roma piena come non mai per salutare l’ultimo dei romantici, l’ultimo che ha creduto di invertire la tendenza, uno che voleva far parte del sistema per cambiarlo e spostarlo a sinistra. Ora ognuno deve prendersi responsabilità che prima ricadevano su quest’uomo lasciato molte volte in solitudine, tradito e vilipeso, ed ora sono tutti lì, i suoi nemici, tra cui Almirante, leader fascista che mi appare sincero come molti altri: sarò romantico, ma non vedo, come sarà invece per Falcone, sciacalli al funerale, vedo persone che non hanno capito, oppure non hanno approvato ma rispettato, hanno amato, hanno condiviso.
È morto un padre e le bizze non sono più ammesse: ma riuscirà il figlio a diventare padre? L’io è troppo più forte del noi, la destra è molto più attraente del difficile cammino della speranza, gli ideali che prima ti accarezzavano ora fanno paura, la sensazione è che quella massa enorme di persone sia stata per l’ultima volta ‘noi’: ora, mentre salgono sui pullman, diventano tanti io incapaci di abbracciarsi. Quello al leader sardo è stato forse l’ultimo abbraccio collettivo.
La deriva italiana
(Conclusioni) Rimane una riflessione finale. Ma che differenza esiste tra il progetto di Mussolini, ovvero accettare gli ordini di Hitler per quieto vivere e per mantenere la propria posizione particolare di paese, e quella dei governi di larghe intese che subiscono gli ordini della Merkel? Ovviamente non si tratta di equiparare personaggi ed eventi storici dal punto di vista etico, dal momento che il livello di violenza e repressione esercitato dai regimi fascista e nazista è fortunatamente ormai un ricordo. Ma l’antico progetto tedesco (dai Longobardi in poi) di dominare la penisola è riuscito senza essere ostentato? Dobbiamo riconoscere, quindi, che in fondo in fondo siamo tutti uomini di destra, pur cercando di tenere lontana la parola fascismo, che sembra essere invece, desolatamente, l’urlo sordo ed iconico che proviene dalla nostra penisola.
La titolazione dei 4 estratti è un arbitrio giornalistico, la foto in evidenza è dedicata ad una delle pagine più commoventi del libro, il funerale di Enrico Berlinguer.