Livorno a distanza di qualche decennio dalla “beffa delle teste di Modigliani”, è tornato sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, a seguito della sentenza della Cassazione che accetta il punto di vista del Comune di Livorno, contro la posizione della Chiesa cattolica livornese, obbligando quest’ultima a pagare l’ICI (IMU), la tassa comunale, anche sugli edifici adibiti al servizio scolastico delle scuole paritarie livornesi.
1agosto 2015 di Prof. Marcello Battini
Come cittadino, in linea di principio, se il mio Comune intenta una causa civile, io mi auguro che la vinca, perché se la perde, mi troverò a corrispondere, per quanto di mia spettanza, il costo della causa ed il risarcimento dei danni alla parte vincente. Sfortunatamente, il Comune di Livorno ci ha abituati ad essere perdente in cause civili. Per una volta che vince (non so come abbia fatto), godiamoci il successo. Anche perché, per coerenza personale, non posso essere dispiaciuto sia quando perde, sia quando vince.
Entrando nel merito del caso specifico, ho preso nota dell’insoddisfazione della CEI per questa sentenza, ma soprattutto della motivazione su cui è basata questa insoddisfazione: “ pregiudizi ideologici ostili alla Chiesa”. Questa invasione di campo della Chiesa nei confronti di un organo costituzionale dello Stato italiano è comunque preoccupante, ma se la critica è sincera, è sostenuta da prove documentali e con argomentazioni di indubbio valore, sono il primo ad incoraggiare la Chiesa, perché siano riconosciuti i suoi diritti, anche ricorrendo ad organi giurisdizionali internazionali ed a portare la questione nei competenti consessi internazionali. Trovo, invece, inaccettabile esporre un’accusa (pregiudizi ideologici) senza poi documentarla, nel modo più ampio possibile. Ciò potrebbe apparire come “ una stizzosa reazione autoreferenziale”, che mostra insofferenza nei confronti di un potere legalmente e democraticamente costituito (per carità, con tutti i limiti dl caso). Mi piacerebbe che la Chiesa mostrasse altrettanta fermezza e determinazione, oltre che nei casi in cui è in gioco del denaro, anche in quelli in cui, in tutto il mondo, i cristiani sono oggetto di persecuzione e vittime di crimini umanitari.
Si afferma poi: “Come conseguenza di questa sentenza, la Chiesa potrebbe essere costretta ad interrompere questo servizio scolastico”.
E’ un’affermazione grave, sia pure giustificata dalle circostanze oggettive, ma che non mi turba. Mi addolora maggiormente sapere che, nel nostro Paese, ci sono famiglie che, proprio a causa degli insopportabili prelievi fiscali alla fonte, non riescono a garantire ai suoi membri, per l’intero mese, il cibo necessario al loro mantenimento. Queste famiglie non hanno scampo. Mi addolora molto anche il fatto che, sempre a causa degli elevati carichi fiscali, non poche attività lavorative non possono nascere, o sono destinate a morire allorché il fisco ne scopre l’esistenza e le magagne. Anche questi aspiranti lavoratori (e le loro famiglie) non hanno scampo.
Diversa è la posizione della Chiesa. Anch’essa deve subire, in questa circostanza, la mannaia del fisco, ma, in questo caso, non sono in gioco i mezzi di sussistenza dei religiosi, inoltre, ciò non è di impedimento alla stessa che potrebbe continuare ad operare, non necessariamente in perdita. Infatti, qualora, nel breve periodo, non fosse possibile, per lo Stato italiano, fornire con propri mezzi, questo servizio obbligatorio (mi riferisco alla scuola dell’obbligo), la Chiesa potrebbe mettere a disposizione dello Stato le proprie strutture ed i propri servizi, chiedendo un ragionevole compenso, trasformando così, una situazione economicamente deficitaria, in una situazione economicamente equilibrata, fisco compreso (mi verrebbe da usare l’espressione “paritaria”).
Ma c’è un altro argomento che non mi fa apprezzare la posizione ufficiale della Chiesa su questa questione. Prendiamo in considerazione il conflitto giudiziario che si è aperto in Italia tra i “taxisti” e la società di autonoleggio con conducente “Uber”. Questa, avvalendosi delle innovazioni tecnologiche, è in grado di offrire ai clienti, un eccellente servizio, a prezzi molto più convenienti, rispetto al tradizionale servizio di taxi. In Italia, per il momento, sul piano giudiziario, ha prevalso la conservazione e la corporazione, a danno dei consumatori.
Ecco, la Chiesa che rifiuta l’applicazione di una legge dello Stato, da tutti considerata molto equilibrata (ricordiamoci anche il testo costituzionale sul punto relativo ai finanziamenti pubblici alle scuole), proposta a suo tempo, da un uomo di scienza, di buon senso e di formazione cattolica come il Sen. Monti, rischia di porsi allo stesso livello dei taxisti italiani che, bravi, corretti e responsabili quanto si vuole, pretendono, per spirito corporativo, far prevalere gli interessi di parte, sul bene comune. Ciò non è molto educativo. Proprio in questa carenza educativa, alla quale la Chiesa, mater et magistra, non può ritenersi estranea, risiedono larga parte dei mali italiani.
Sarei molto dispiaciuto se la Chiesa si ritagliasse un ambito più piccolo d’intervento sociale: quello di dare da mangiare agli affamati, per cui, più sono gli affamati, più appariscente diventa la sua funzione. E’ preferibile l’azione di coloro che operano per ridurre le sacche di povertà, cosa possibile, rispettando saggiamente le leggi economiche.
Alla Chiesa si presenta l’opportunità di seguire un percorso virtuoso, forse impensabile prima di questo evento giudiziario, al quale potrebbe far ricorso, con grande beneficio per tutti, a cominciare dalla istituzione stessa. Se si ponesse fine alle vuote polemiche, si rinunciasse ai soliti compromessi che già cominciano a sovrastare le polemiche che, salvando il portafoglio, segnerebbero la sconfitta morale e materiale di tutti, acquisterebbe visibilità una soluzione che consentirebbe alla Chiesa di continuare a svolgere la propria missione in ambito scolastico, non in via aggiuntiva, come adesso, rispetto all’azione scolastica dello Stato (perché sia chiaro che le scuole paritarie, sul piano qualitativo, sono largamente equivalenti a quelle pubbliche), ma in via sussidiaria e di potenziamento dell’azione statale, coprendo quell’area scolastica che comprende le scuole medie superiori (specialmente i licei), nei quali il servizio pubblico è molto carente (e la Chiesa è quasi completamente assente), come dimostrano le tante qualificate indagini internazionali.
Il servizio pubblico, anche volendo, non potrà modificare l’attuale assetto scolastico, per almeno due decenni. In questo ambito la Chiesa, avvalendosi dell’esperienza internazionale di alcuni ordini religiosi (il primo pensiero va ai Gesuiti), potrebbe, in poco tempo (2/3 anni) dotarsi di un sistema scolastico parallelo di elevato standard, da offrire ai giovani studenti italiani, facendo pagare ai richiedenti delle rette adeguate ai costi (quindi elevate), mettendo a disposizione dei discenti, direttamente, o indirettamente, numerose borse di studio, così da consentirne la frequenza di queste scuole, anche a giovani meritevoli appartenenti a famiglie non facoltose.