Il 15 gennaio del 1929, nasceva a Memphis, Martin Luther King che, con la sua resistenza non violenta si è battuto, instancabilmente, per i diritti degli afroamericani e di tutti gli oppressi.
15gennaio 2015 di Silvio Lami
A diciotto anni venne ordinato pastore e a ventiquattro si trasferì a Boston e sposò Coretta Scott. Fin da giovanissimo dovette misurarsi con la consapevolezza di non poter giocare con i suoi coetanei, in quanto bianchi e lui era nero.
Era l’America degli anni Cinquanta dove vigeva, sugli autobus di linea, la norma razzista che obbligava i passeggeri di colore di sedersi solo nei posti riservati, la non osservanza di questa regola poteva comportare sanzioni fino all’arresto (roba che ci riporta a tristi proposte di recente attualità in Italia). Era il 28 agosto del 1963, quando guidò una marcia di 250.000 persone verso Washington, a sostegno del progetto di legge sui “diritti civili”, proposto dal Presidente Kennedy.
In quella occasione pronunciò il famoso discorso, universalmente noto, come “I have a dream”, in una sorta di sermone tra il religioso e il politico.
Si trattava della narrazione di un sogno dove, un giorno, i figli degli schiavi e i figli degli schiavisti, di un tempo passato, potessero sedere assieme al tavolo della fratellanza, privo delle ingiustizia e dell’oppressione, fondato sulle libertà e la giustizia. Il poter vivere, in una Nazione, che non giudicherà più solo per il colore della pelle. L’anno successivo gli venne attribuito il Nobel per la pace.
Martin Luther King Jr:
“Essere un negro in America significa non avere una vita facile. Significa far parte della schiera degli umiliati, degli oppressi, degli oltraggiati e degli sconfitti. Essere un negro in America significa cercare di sorridere quando si ha voglia di piangere. Significa cercare di sopravvivere fisicamente quando si è psicologicamente morti. Significa il dolore di vedere il cielo mentale dei propri figli, offuscato dalle nubi dell’inferiorità. Significa vedersi tagliare le gambe poi sentirsi accusato di essere uno storpio. Significa assistere alla morte spirituale della propria madre e del proprio padre per mano dei colpi dello sfruttamento quotidiano, e poi essere odiato in quanto orfano. Essere un negro in America significa ascoltare gretti politici argomentare in modo eloquente contro la parità della condizione abitativa, sostenendo al contempo di non essere razzisti. Significa essere tormentati di giorno e ossessionati la notte dall’intollerabile sensazione di non valere e combattere costantemente per contrastare il veleno dell’amarezza. Significa il dolore e l’angoscia di vivere tali e tante situazioni in cui la speranza per il futuro è morta”.
L’omicidio di Martin Luther King avvenne a soli trentanove anni, in un albergo di Memphis, il 4 aprile del 1968. Stevie Wonder eseguì nell’occasione il suo famoso brano ‘Happy Birthday’, registrato nel 1980 e, scritto per appoggiare la decisione di istituire la festa nazionale nel giorno del compleanno di Martin Luther King.
Nell’ambito delle celebrazioni di questa ricorrenza, nelle chiese americane, viene ricordata la testimonianza e l’azione di pace esercitata da questo uomo, lungo l’arco della sua non lunga esistenza.