Se non ci sarà un provvedimento immediato ad hoc, dal 5 novembre i lavoratori di Piombino Logistics resteranno per qualche mese senza salario e a fine novembre toccherà a tutti i lavoratori Aferpi
4novembre 2018 da Coordinamento Art.1-Camping CIG, Piombino
Jindal potrebbe approfittare della mancata continuità degli ammortizzatori sociali per procedere a licenziamenti.
Una nuova mazzata per l’ economia della zona è in arrivo. Nonostante le promesse del Governo, l’ultimo decreto (n.119) non solo non assicura di mantenere l’attuale livello salariale (ci sarebbe un ulteriore taglio fino a 300 Euro al mese) ma non è applicabile ai lavoratori Aferpi. E’ necessario un nuovo decreto, mirato alla situazione piombinese, possibile solo se il Governo prenderà atto della valenza strategica dello stabilimento per il settore siderurgico nazionale. Ci vuole dunque una scelta politica che si traduca, entro pochi giorni, in una norma che assicuri la continuità degli ammortizzatori e del livello di retribuzione.
Tutto questo non avverrà se non ci sarà una forte mobilitazione che finalmente porti Piombino alla ribalta nazionale. Piombino, nonostante il suo pesante carico di problemi (non solo ammortizzatori, ma anche crollo della economia cittadina, bonifiche, infrastrutture e necessità di diversificazione) si ritrova ad essere “snobbata” dalle élites politiche regionali e nazionali: una situazione molto pericolosa, che rischia di affossare tutta la città. L’azienda è la prima responsabile (anche se non l’unica) di quest’ultimo guaio sugli ammortizzatori; si deve attivare per la soluzione radicale del problema, a cominciare dall’aumento delle ore lavorate (e introducendo anche la rotazione tra chi lavora e chi no); ma anche col concorso economico alla integrazione salariale, con Regione e Governo. Sono ormai indispensabili azioni forti nei confronti dell’azienda, che “buchino” i media nazionali e suonino come campanello di allarme per le istituzioni ed il Governo, se vogliamo che la politica finalmente si accorga che Piombino esiste e vuole continuare ad esistere. Dobbiamo decretare la fine dello scoraggiamento, dell’ apatia, della delega e della pace sociale. E’ necessario subito uno sciopero a oltranza con il blocco totale della fabbrica e con la mobilitazione cittadina. Non possiamo aspettare l’ ultimo minuto, perché l’ ultimo minuto è ora.
4novembre 2018 da Il Sindacato è un’altra cosa-Opposizione CGIL
Il Sindacato è un’altra cosa – Opposizione CGIL si schiera con il comunicato del “Coordinamento Art.1-Camping CIG” che sollecita una mobilitazione immediata dei lavoratori Aferpi e Piombino Logistica.
A questo punto siamo convinti che la mobilitazione non debba essere “dimostrativa”, ma debba incidere pesantemente sull’azienda prima di tutto. Un’azienda che agisce furbescamente sul piano degli ammortizzatori sociali, prima “dimenticando” di controllare il monte ore, poi cercando di imporre la soluzione per lei più vantaggiosa, a costo zero.
Abbiamo detto in decine e decine di assemblee congressuali, spiegando il documento di minoranza per il prossimo Congresso CGIL, che solo attraverso la mobilitazione e la lotta i lavoratori possono difendere i loro diritti, anche salariali. Siamo fautori convinti che la “scarsa partecipazione dei lavoratori alle mobilitazioni”, invocata troppo spesso dalle segreterie sindacali per non far nulla, sia in realtà il frutto avvelenato di politiche concertative con padronato e forze politiche di stampo liberista. Nel caso della ex-Lucchini s dj Piombino tali atteggiamenti hanno portato ad un totale immobilismo; peggio ancora ad avere un ruolo di addormentamento delle coscienze, basato sull’attesa di soluzioni messianiche, nonostante voci critiche (e motivate, supportate da analisi serie) che sindacati e forze politiche hanno sempre dileggiato, evitando ogni confronto. Sempre in questa logica di mantenere una pace sociale fittizia, le organizzazioni sindacali di categoria hanno creato una barriera impenetrabile tra i lavoratori e la città. Invece di fare una politica attiva di creazione di solidarietà, ci si è rinchiusi in un dibattito solo tra lavoratori, ricercando al massimo una “solidarietà” con le forze di governo locale, anch’esse pesantemente responsabili della situazione.
Oggi è necessario un cambiamento di strategia: innanzitutto è necessario chiarire che se i lavoratori richiedono un trattamento economico diverso da quello esistente negli trattamenti ordinari ciò è motivato da due ragioni fondamentali: la prima è ci dobbiamo aspettare un periodo molto lungo di assenza di occupazione e la Cassa Integrazione in deroga non è sufficiente a sopravvivere così tanto; la seconda è che un taglio salariale di 250,00€ per i 1.700,00 lavoratori a casa ormai da almeno 4 anni significano 600.000€ mensili in meno che verranno versati nell’economia locale per l’acquisto di beni e servizi. Almeno per i prossimi 3 anni, se Jindal mantenesse i piani di investimento (cosa tutta da verificare), alcuni lavoratori verranno rimessi in produzione e potremo stimare la perdita in 500.000 € mensili, che moltiplicati per 36 corrisponde a circa 18.000.000 (diciotto milioni di euro) che mancheranno nell’economia locale. Sulla base di questi dati va sollecitata una solidarietà attiva della città, che significa anche farsi carico, assieme alle alte categorie di lavoratori, dei problemi della città. A quei lavoratori che attualmente sono utilizzati in azienda e che temono – giustamente dal loro punto di vista – di vedersi colpire da ritorsioni, ricordiamo che anche loro sono fortemente precari (basti vedere il non rispetto degli impegni presi da JWS per il TPP) e possono ritrovarsi nelle condizioni di tutti gli altri.
Non possiamo dimenticare che i responsabili di questa situazione sono anzitutto i padroni che si sono succeduti e le forze di governo locali che li hanno sostenuti. Richiediamo ai sindacati, soprattutto alla FIOM e alla CGIL, di cui facciamo parte organica, di organizzare subito il blocco delle portinerie, accompagnato da presidi in città per discutere con i cittadini, i commercianti, gli studenti cosa bisogna fare per costruire una vertenza di zona.