Ci siamo: il ministero ha redatto la guida operativa per avviare l’alternanza scuola lavoro, già prevista dal 2003, ma potenziata e riorganizzata secondo i parametri della “buona scuola”. Quindi, questo è l’anno scolastico che prevede la partenza del fatidico progetto
11ottobre 2015 di Lamberto Giannini
L’avvio avviene in un clima pasticciato e privo di certezze concrete, questo a conferma dell’approccio ideologico che il governo ha nei confronti della scuola, a mio avviso si cerca di demolire la base fondante di quella che è stata la scuola pubblica in Italia.
Al di là delle critiche al contenuto della proposta , vediamo perché per le scuole è complicata l’attuazione. Si deve partire obbligatoriamente con le classi terze in questo anno scolastico come risulta dalla guida operativa del ministero
“Rispetto al corso di studi prescelto, la legge 107/2015 stabilisce un monte ore obbligatorio per attivare le esperienze di alternanza che dal corrente anno scolastico 2015/16 coinvolgeranno, a partire dalle classi terze, tutti gli studenti del secondo ciclo di istruzione”.
Ma prima di partire, dovrebbero essere a disposizione delle scuole i registri contenenti gli enti con i quali si può stipulare la convenzione , come si evince sempre dalla guida operativa ministeriale:
“Per facilitare l’individuazione dei partner è prevista la costituzione, presso le Camere di commercio, industria artigianato e agricoltura (CCIAA) territorialmente competenti, di un apposito “Registro nazionale per l’alternanza”, articolato in due sezioni:
- una aperta e consultabile gratuitamente in cui sono visibili le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili a svolgere i percorsi di alternanza; per ciascuno di essi il registro riporta anche il numero massimo di studenti ammissibili e i periodi dell’anno in cui è possibile svolgere l’attività di alternanza;
- un’altra, speciale, contenente elementi identificativi delle imprese per l’alternanza scuola lavoro. Nella sezione speciale, accessibile a determinate condizioni (che saranno precisate con apposite istruzioni), sono riportati elementi relativi all’attività svolta, al fatturato, al patrimonio netto, al sito internet ecc. delle imprese coinvolte.
Il dirigente scolastico, avvalendosi del registro nazionale, può individuare le imprese e gli enti, evidente il ruolo di primo piano del dirigente nella scelta a discapito della collegialità.
Altro elemento fondamentale per avviare il percorso è la famosa Carta dei diritti dello studente in alternanza , che dovrebbe essere una garanzia di tutela, ma anche questa non è pronta come si nota dalla sublime guida operativa ministeriale.
“Il Ministero dell’istruzione, d’intesa con altri ministeri e rappresentanze associative, ha già avviato l’iter di definizione del decreto contenente il regolamento relativo alla Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro”.
Occorre anche tener conto che le scuole hanno già avviato la loro programmazione per l’anno scolastico in corso , senza avere notizie chiare sull’alternanza, ma il governo non pensa minimamente di posticipare l’attuazione, visto che non è riuscito a fornire in tempo utile una guida operativa sensata e che quella presentata è ricca di incongruenze come dimostrato prima. La politica del fare ad ogni costo, anche sbagliando palesemente, è un mantra irrinunciabile per la cultura renziana.
Oltre all’incongruenza evidente permangono anche le critiche contenutistiche a questo approccio all’alternanza previsto dalla legge 107. Nella guida operativa si parla sempre di “cultura di impresa”, come ad esempio:
“La Seconda fase ha il compito di sensibilizzare il giovane ad una visione sistemica della società civile attraverso la cultura d’impresa, in modo da sviluppare il senso etico dell’interagire con l’ambiente economico circostante, nel rispetto delle conoscenze fondamentali dei concetti di azienda, impresa, etica aziendale e del lavoro”.
Si usa anche la parola etica quasi rapiti da uno spirito hegeliano che vede nella cultura dell’impresa l’unico futuro e su questa cultura si deve fondare la coesione sociale , sfido chiunque a trovare un collegamento non retorico tra cultura di impresa e solidarietà (principio cardine della carta redatta dai padri costituenti).
Comunque la mia è una visione politica, ammettiamo che non si debba essere contro la cultura dell’impresa ma che questa possa mediare con altri bisogni attraverso la responsabilità sociale dell’impresa , questo avviene attraverso la concertazione con i rappresentanti dei lavoratori, ma il mondo del sindacati e i diritti dei lavoratori non sono mai citati dalla guida sull’alternanza scuola-lavoro. In questo modo diventa facile indottrinare lo studente ad un’unica visione del mondo.
La visione etica e spirituale della proposta emerge anche dall’autoreferenzialità: si definiscono buone pratiche quelle che il governo e le categorie degli imprenditori definiscono tali come ad esempio:
“Si segnalano, inoltre, le numerose “Buone pratiche” di alternanza scuola lavoro che negli ultimi anni si sono sviluppate attraverso la collaborazione tra scuole e imprese, richiamando, ad esempio, il progetto DESI (Dual education System Italy) avviato in Emilia Romagna, nel settore della meccanica e meccatronica, oltre alle iniziative favorite dalla quasi totalità delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, attivate nell’ambito della formazione, dell’orientamento formativo e professionale, dell’educazione all’imprenditività e dell’alternanza scuola lavoro, anche attraverso la promozione di stage e tirocini (in Italia e all’estero). Alcune di esse hanno ottenuto un riconoscimento nell’ambito di un progetto specifico promosso da UNIONCAMERE – Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Alcuni utili link di riferimento alle “Buone pratiche” messe in atto dalle Camere di commercio nel campo dell’alternanza scuola lavoro sono indicati in allegato alla presente Guida operativa”.
Risulta evidente inoltre la volontà di inserire il soggetto privato in scelte che riguardano la didattica , attraverso il cts (comitato tecnico scientifico) negli istituti tecnici ed il cs (comitato scientifico) nei licei, anche in questa caso conviene citare direttamente la fonte ministeriale:
“I CTS/CS svolgono un ruolo di raccordo sinergico tra gli obiettivi educativi della scuola, le innovazioni della ricerca scientifica e tecnologica, le esigenze del territorio e i fabbisogni professionali espressi dal mondo produttivo, in relazione agli obiettivi da conseguire”.