Sono trascorsi 20 anni dalla guerra contro la ex Repubblica Jugoslava, dai bombardamenti all’uranio impoverito che hanno contaminato territori e seminato malattie mortali per i prossimi decenni.
25marzo 2019 di Federico Giusti
Gli under 40 anni di oggi hanno vissuto metà della loro vita all’insegna della guerra, si sono abituati all’idea che il loro paese partecipi, più o meno attivamente, a conflitti in aree del mondo lontane e magari sconosciute (la emarginazione e progressiva scomparsa dell’insegnamento nelle scuole della geografia produrrà danni nefasti perché questa materia non è un insieme di inutili nozioni, come qualche tecnico ministeriale improvvidamente ha sentenziato, la geografia è per esempio il pane quotidiano degli studi geopolitici che necessitano di competenze storiche, linguistiche, geografia, di cartografia), subalternità ai dominanti e assuefazione alla guerra.
Le responsabilità sindacali e politiche sono macroscrocopiche, basti ricordare il voto di parlamentari comunisti alla guerra nella ex Jogoslavia ma soprattutto rileggersi una intervista all’allora presidente del Consiglio D’Alema rilasciata 10 anni or sono (S. Cappellini, 2009: “La guerra che rifarei. D’Alema racconta”, Il riformista, 24 Marzo 2009) .
Citiamo un passo della intervista non prima di avere ricordato che il Governo Prodi aveva comunque già autorizzato il libero utilizzo dell’esercito italiano alle operazioni di guerra Usa Nato accettando quel nuovo modello di difesa indispensabile per le guerre permanenti. D’Alema, all’allora presidente Usa Clinton che chiedeva di mettere a disposizione le basi militari nel territorio italiano come partecipazione alla guerra nei Balcani così rispose
“Presidente, l’Italia non è una portaerei. Se faremo insieme quest’azione militare, ci prenderemo le nostre responsabilità al pari degli altri paesi dell’alleanza”. Era moralmente giusto ed era anche il modo di esercitare pienamente il nostro ruolo. […]
Fin dal primo momento io misi le cose assolutamente in chiaro nel Consiglio dei ministri. Dissi “questa è una cosa che io ritengo che si debba fare. Me ne assumo la responsabilità. Se finirà male, mi dimetterò”. Punto e basta. Non si votò in Consiglio dei ministri, e nemmeno in Parlamento, cosa che poi mi è stata anche rimproverata”.
L’Italia poteva quindi non partecipare alla guerra ma mettere a disposizione le sue basi, la scelta del Governo fu invece diversa e la sovranità del Parlamento (invocata contro Berlusconi o l’attuale governo) venne letteralmente rimossa. In Parlamento si votò una mozione, con il voto di verdi e comunisti italiani- Rizzo incluso- ma anche di parlamentari oggi di Sinistra Italiana e di Leu In Parlamento, il presidente del Consiglio D’Alema precisò che la partecipazione dell’Italia era legata solo alla difesa dei confini nazionali, confini che non erano minacciati. Ma i fatti andarono diversamente e la guerra sostenuta da un Governo di centro sinistra sanci’ la rottura definitiva della sinistra con il pacifismo e la subalternità del movimento operaio alle istanze imperialiste. Allora, come oggi, i sindacati confederali non mossero un dito (dimenticando quell’articolo della Costituzione che parla del rifiuto\ripudio della Guerra, Costituzione che a parole dicono di volere difendere), parte dei sindacati di base si mobilito con scioperi, manifestazioni e una raccolta di generi di prima necessità e medicinali per gli operai serbi.
Questa è la storia manipolata da confutare proprio in occasione del 20 anniversario della guerra.
La vera motivazione della presenza militare italiana era legata ad una paura che ancora oggi agita lo scenario politico: l’immigrazione, il timore dei profughi Kosovari che a migliaia si sarebbero riservati in Italia, un po’ come accaduto pochi anni prima dalla Albania. Gran parte delle notizie riguardanti le stragi commesse dall’esercito e dai paramilitari serbi si sono dimostrate infondate (cio’ non significa negare altre stragi ma piuttosto denunciare la disinformazione mediatica creata ad arte per giustificare l’intervento militare Usa e Nato), la storia scritta dai vincenti ha focalizzato la attenzione sulle responsabilità degli sconfitti (i serbi) tacendo sul ruolo della Croazia e delle milizie bosniache.
Due dati eloquenti per tutti:
- la Croazia è stata il punto di partenza della marea nera, razzista e xenofoba che si è allargata nell’est Europeo, nel paese i criminali ustascia della seconda guerra mondiale (alleati della Germania nazista) riabilitati e ammessi nel Pantheon dei padri della nazione, in Bosnia migliaia dei combattenti islamici (finanziati dalle monarchie del Golfo) li abbiamo ritrovati, quasi 20 anni dopo, a combattere nelle fila dell’Isis.
- Altro dato il ruolo attivo della Chiesa Cattolica nel sostenere le istanze croate con la beatificazione di esponenti religiosi conniventi con la Germania nazista-
Quale insegnamento possiamo trarre dai fatti di 20 anni fa?
- Intanto non abbiamo ancora imparato a diffidare delle fake news, la ignoranza dilagante (la soppressione della geografia e la storia ridotta a nozioni serve anche a questo) non ha gli strumenti per smontare, pezzo dopo pezzo, la campagna mediatica ordita a uso e consumo delle potenze imperiali. Le stesse teorie contrarie agli stati nazionali rispondevano alle istanze imperialiste, anzi alla necessità di cancellare alcune nazioni per gestire liberamente corridoi e interessi forti .
- Con la Guerra nei Balcani viene definitivamente archiviato l’art 11 della Costituzione Italiana, si afferma il Nuovo Modello di Difesa che permetterà due anni dopo, 1991, la partecipazione attiva degli aerei italiani nella guerra del Golfo. Dal 1991 ad oggi abbiamo perso il conto delle partecipazioni italiane, perfino in Africa, in Somali nell’anno 1993, con i governi Amato e Ciampi a difesa degli “interessi vitali” del paese (rinviamo a M. Dinucci Guerra nucleare edizioni Zambon).
- A metà anni novanta si afferma l’idea che la politica della Difesa diventi una sorta di strumento della politica estera, il che poi significa autorizzare interventi militari ovunque siano messi in gioco gli interessi capitalistici esautorando il Parlamento e la politica dal prendere decisioni. Il nuovo modello di difesa ha guadagnato da subito il consenso di tutto l’arco parlamentare, non a caso oggi vediamo governi di destra, grillini o di centrosinistra accomunati nel favorire il potenziamento della base miliatre Usa e Nato di Camp Darby per consentire il trasporto delle armi al Porto di Livorno e lungo l’asse ferroviario verso le basi militari italiane da dove partiranno destinati agli scenari di guerra
- E ancora oggi, a 20 anni di distanza, continuiamo a omettere le stragi all’uranio impoverito che hanno provocato decine di migliaia di morti tra la popolazione civile jugoslavia e anche nelle fila dell’esercito italiano con tanti militari deceduti e decine, forse centinaia, alle prese con tumori e malattie invalidanti.
La guerra alla Jugoslavia sarà uno dei temi del convegno internazionale sul 70° della Nato
- Il tema «Jugoslavia: 20 anni fa la guerra fondante della nuova Nato» viene trattato, anche con documentazione video, nel Convegno internazionale «I 70 anni della Nato: quale bilancio storico? Uscire dal sistema di guerra, ora», che si svolge domenica 7 aprile a Firenze (Cinema Teatro Odeon, Piazza Strozzi, ore 10:15-18). Tra gli altri temi «L’Europa in prima linea nel confronto nucleare».Intervengono: M. Chossudovsky, direttore di Global Research (Canada): V. Kozin, esperto politico-militare del Ministero degli Esteri (Russia); Ž. Jovanović, presidente del Forum di Belgrado (Serbia); D. Johnstone, saggista (Usa); P. Craig Roberts, editorialista (Usa). Tra i relatori italiani: A. Zanotelli, G. Strada, F. Cardini, F. Mini, G. Chiesa, A. Negri, T. Di Francesco, M. Dinucci.
Promotori: Comitato No Guerra No Nato e Global Research, insieme a Pax Christi, Comboniani, Wilpf e altre associazioni. Per partecipare al Convegno (ad ingresso libero) comunicare nome e luogo di residenza a G. Padovano: Email giuseppepadovano.gp@gmail.com / Cell. 393 998 3462