E’ australiana, è al suo primo tour mondiale, ha solo 22 anni, si chiama Tash Sultana ed è già una grandissima.
27 Luglio 2017, di Michele Faliani
Ieri mattina ho comprato il nuovo album degli Arcade Fire, e l’ho ascoltato nel primo pomeriggio; risultato: 17 euro buttati nel cesso. Un album orrendo, tremendamente lontano dai fasti di “Funeral” e di “Neon bible”, lontano perfino da “The suburbs”. Un po’ la delusione che uno dei gruppi che più ho amato negli ultimi anni si sia (per sempre?) perso per strada, un po’ il caldo, un po’ perché la Livorno-Sestri è l’autostrada più cara del sistema solare, stavo quasi per rimanere a casa anziché recarmi alla terza data del Mojotic. Poi una specie di sesto senso mi ha spinto a partire e ad andare a sentire questa ragazzotta australiana di 22 anni che sta facendo parlare (molto bene) di se. E, col senno di poi, ho fatto benissimo a vincere la pigrizia. Uno show non lunghissimo, un’ora e poco più, ma tanto talento. Tash Sultana si presenta sul palco da sola, con una serie di sintetizzatori drum machines, qualche chitarra, una tromba e una quantità disumana di effetti, tra cui l’immancabile loop station che le serve per creare ‘strati’ di musica sui quali improvvisare e costruire armonie e dinamiche strepitose. Una dopo l’altra piovono “Jungle”, “Mellow marmalade”, “Pretty lady”, “Notion”. Andate ad ascoltarle su YouTube, e vi renderete conto che qualche milione di utenti vi ha preceduto. E per un’artista che ha alle spalle un solo EP e pochissime date (fino a qualche mese fa) al di fuori dell’Australia, non è certo roba da ridere. Tash ha un passato fatto di droghe, dal quale è stata salvata dalla musica; ieri la sua musica ha raddrizzato la mia giornata. Non sarà la stessa cosa, ma credo che lo scopo dei musicisti sia proprio questo. Grazie Tash, alla prossima.
Grazie ai ragazzi del Mojotic e a Comcerto per la consueta e squisita ospitalità.