Con l’inizio della bella stagione i livornesi si godono la vita all’aperto e soprattutto i bagni di mare e di sole, piacere fra tutti più seguito ed amato.
27giugno 2015 di Paola Ceccotti
Livorno città affacciata sul mare e percorsa dai canali. Un rapporto con l’acqua che si esprime con la festa delle gare remiere nella stagione estiva che il Palio conclude, e che testimonia la vocazione marinara della città.
Passione antica radicata nel carattere di una popolazione che dai traffici marittimi e dal legame con il mare ha tratto sviluppo e prosperità. Il mare e il porto sono il centro, il motore della città da sempre, luogo di lavoro, di fatica ma anche di divertimento e festa. Passione antica, rileggendo alcune testimonianze si possono ammirare con sguardo rivolto al passato gli eventi di un po’ di tempo fa.
E come doveva essere stato splendido lo spettacolo che venne offerto a Pietro Leopoldo in occasione della sua visita come nuovo Granduca di Toscana. Non aveva che diciotto anni quando giunse a Firenze con la sua sposa. Dopo aver preso possesso delle sue funzioni provvide a scegliere i propri collaboratori in modo autonomo con l’idea di conferire al Granducato una maggiore indipendenza da Vienna, senza tener conto della madre imperatrice Maria Teresa che avrebbe voluto esercitare un maggiore controllo sul piccolo stato, quindi intraprese la visita dei luoghi della Toscana per conoscerne il territorio e la popolazione. Venne calorosamente festeggiato in tutte le città, e in particolare a Livorno, come ci ricorda Montanelli[1], dove per la prima volta vide il mare e se ne innamorò.
Leopoldo fu un grande riformatore, un innovatore che lasciò la Toscana, chissà forse a malincuore, per ricoprire la carica di imperatore a Vienna nel 1790 alla morte del fratello Giuseppe II.
Il 14 maggio 1766 Pietro Leopoldo e la moglie partirono da Firenze per Pisa e Livorno. Il 19 giunsero a Livorno salutati con la “salva reale della Fortezza Nuova e con gli applausi del popolo. Due battaglioni erano posti fuori Porta a Pisa, facendo parata fino al Ponte detto del Maglio…”[2]
Le Nazioni, le diverse comunità, offrirono spettacoli vari; la città era in festa e la piazza d’Arme trasformata in anfiteatro con palchi per gli spettatori e le autorità. Per il piacere del gradito ospite vennero offerti giochi vari come quello del calcio, le corse di cavalli, la rappresentazione in teatro di un opera di Metastasio, e poi sfilate e giochi di luci e la processione nella Collegiata in onore di Leopoldo e di Maria Luisa, la moglie.
Non mancò a coronare tutta la manifestazione una grande festa al molo mediceo.
Alla gara presero parte quattro equipaggi; navi e barconi furono imbandierati e sulla piazza davanti allo specchio d’acqua fu costruito un gigantesco palco in legno raffigurante un tempio romano dove furono premiati i vincitori[3]. Così descrive la manifestazione il Pera: “Piacevolissima riuscì la festa in mare data dalla colonia Olandese, sia per il vistoso prospetto ornato di colonne archi e statue, con drapperie e padiglioni vagamente intrecciati sul Molo come per lo spettacolo delle gare di quattro fregate messe alla corsa, e dei marinari che dovevano salire a togliere l’insegna; per altro due vincitori essendo caduti dall’alto nell’acqua, persero il premio, ma non ne rimasero offesi”.[4]
Piace riannodare le tracce di questo breve viaggio nella Livorno del settecento con la descrizione che ne fa la Fallaci in alcune pagine appassionate, ricordando le origini di una ramo della sua famiglia, di cui si passa un piccolo stralcio:
“Coi suoi quarantamila abitanti, cifra che escludeva gli stranieri in transito e i marinai che vivevano a bordo, nel 1773 era fantastica anche la città dentro le mura: fino al millecinquecento un borgo di pescatori e un penitenziario per i fiscalini cioè gli schiavi ai remi delle galere. Cinta da un maestoso fosso d’acqua salata, il Fosso reale, e nella zona chiamata Nuova Venezia percorsa da bei canali con graziosissimi ponti, sembrava un’isola nata per sortilegio alla terraferma. E tutto lì esprimeva novità, eccentricità, benessere.”[5]
La città forniva diletto a pescatori e bagnanti grazie alle vie d’acqua che la attraversavano. Fucini in “Foglie al vento” ricorda i bei momenti vissuti in compagnia di altri quattro o sei ragazzetti durante la sua permanenza a Livorno dal 1849 al 1853.
Sotto la guida del pittore Baldini, che fu maestro di Fattori, andavano nella bella stagione a fare lunghe passeggiate quasi ogni giorno, e “nell’estate, lungo il mare fra il Marzocco e il Calambrone, con bagni lunghi lunghi e con svoltoloni che non finivano mai fra la rena di quella spiaggia solitaria”. A volte invece il Baldini, bell’uomo sulla trentina, abbigliato da rivoluzionario di quei tempi, che aveva il compito di insegnare a quei ragazzi il disegno dal vero, li portava a pescare “lungo i fossi più remoti della città dove, con piccolissime canne e piccolissimi ami, ciascuno di noi (ricorda Fucini) prendeva tanti crògnoli da portare a casa la sera abbondante e deliziosa frittura.”[6] Ma nei fossi si pescavano anche le cee come dice “Baffoni” nella “Cacciuccata delle celie”(parodia livornese di stampo futurista della Cena delle beffe) : “ero ner fosso, a notte ner barchetto che pescavo le cee lì dirimpetto fra la piazza Maninne er pontenovo…”[7]
Livorno città d’acqua, che dal mare ha tratto origine e sviluppo, ma anche paure e minacce come ci testimoniano gli ex voto del Santuario di Montenero che rappresentano un po’ la piccola storia della gente comune, che ricordano gli agguati dei mori, i rapimenti e le ruberie, e le aggressioni del mare che da motivo di benessere diventa un incontrollabile nemico e che impetuosamente riversa le sue onde sulla piccola città.
Contro l’imponderabile la risposta dei livornesi è stata allora la devozione della Madonna, a cui si sono appellati per averne la protezione da sempre e che dal Santuario pare dominare e proteggere come madre misericordiosa.
- [1] I. Montanelli, “L’Italia del settecento”, La Toscana di Pier Leopoldo di Lorena
- [2] M. Rastrelli, “Memorie per servire alla vita di Leopoldo II”, 1792, pag. 56
- [3] Il Giornale della città e porto di Livorno, di Bernardo Prato
- [4] F. Pera, Curiosità livornesi, 1888, pag. 356
- [5] O. Fallaci, Un cappello pieno di ciliegie, 2008
- [6] R. Fucini ((Neri Tanfucio), Foglie al vento, Ricordi livornesi, 1922
- [7] D. Baffoni, La cacciuccata delle celie, Livorno, 1913