Siamo alla firma. No, i legali devono ancora limare le parti dell’accordo. Ma gli osservatori (chi? Calenda e Rossi?) si aspettano la firma in questa settimana. Sicuramente, alla fine qualcuno ci azzeccherà e potrà fare la figura del “ve l’avevo detto…”.
9maggio 2018 da Coordinamento Art.1-Camping CIG Piombino
Tutti, tranne i lavoratori. Il ministro Calenda, forse pensa, in vista della (molto) prossima scadenza elettorale, di rifarsi una verginità presentandosi come quello che ha chiuso due grossi problemi per il governo PD; sta di fatto che, dalle sue dichiarazioni, sembra assolutamente disinteressato alle conseguenze delle vendite: non si parla più di piani industriali (sì, poi verranno presentati) né di garanzie occupazionali (tanto ci sono gli ammortizzatori… purtroppo sicuri solo a fine 2018!).
I lavoratori non possono accettare: vogliamo che prima della stipula del contratto il piano industriale e finanziario venga discusso e approvato o respinto da lavoratori e cittadini. La firma deve essere condizionata a questo. Un piano industriale coerente, che parta dalla ripresa delle laminazioni, ma che anche fissi i termini per la costruzione di una acciaieria con forno elettrico, con tempi certi di realizzazione e con penali su ritardi o modifiche in corso d’opera. Un piano industriale e finanziario che ci dica a quale utilizzo sono destinate le aree retro-portuali, quali sono gli indirizzi di vendita, quali e quante sono le risorse finanziarie messe in campo.
Sul piano dell’occupazione e dei diritti dobbiamo avere le stesse garanzie che i sindacati chiedono per ILVA: piena occupazione per lavoratori diretti e indiretti, assunzione in continuità, mantenimento dei livelli salariali e dei diritti sindacali maturati negli anni (il che per Piombino significa annullare la “moratoria contrattuale” recuperando quel salario e quei diritti ai quali i lavoratori avevano accettato di rinunciare in cambio di… niente), rotazione per l’inevitabile periodo di tempo necessario a realizzare gli investimenti.
La stessa logica deve valere per la Magona, per la quale si parla di cessione obbligatoria imposta dalla Commissione Europea: piano industriale e finanziario approvato dai lavoratori, salario e diritti sindacali garantiti, rotazione per i tempi necessari.
Consideriamo infine il lungo periodo di tempo necessario affinché nel territorio si riverberino gli effetti dei nuovi investimenti, non solo in siderurgia, ma per una diversificazione dei settori produttivi gestita e indirizzata dalle Amministrazioni locali, dai sindacati, dalle associazioni di categoria e da quelle della società civile: sono indispensabili strumenti di sostegno al reddito per tutte le categorie in sofferenza, a partire dai lavoratori non coperti da ammortizzatori sociali, per arrivare ai giovani in cerca di prima occupazione, passando per commercianti, artigiani, liberi professionisti che si sono visti ridurre in povertà.
Sembra che i nostri amministratori, espressi tutti da un’unica forza politica, vogliano ridurre il territorio di Piombino a divenire unicamente un polo di trattamento rifiuti, con discariche più o meno in sicurezza e di cui si propone più del raddoppio del volume attuale, con impianti “sperimentali” che vengono sistematicamente rifiutati da altri siti, con imprese più o meno finanziariamente solide che si lanciano nel cosiddetto “ecobusinnes”. È una scelta inaccettabile: vogliamo una diversificazione produttiva che sia veramente di sviluppo ecologico, ma nel senso di ridurre al massimo la produzione di inquinamento. Per questo sollecitiamo strumenti eccezionali per realizzare le indispensabili bonifiche di un territorio che per troppo tempo ha subito violenza, con lo sversamento incontrollato di rifiuti industriali in terra aria e acqua, molti dei quali potenzialmente pericolosi.