Auspicando che lo stesso facciano tutti gli altri sindacati.
17maggio di Piero Bernocchi, Cobas Scuola
Bocciamo il “cattivo maestro” Renzi e il suo Ddl, no al preside-padrone, no ai quiz, sì all’assunzione stabile dei precari secondo la sentenza della Corte di giustizia europea. Proponiamo inoltre agli altri sindacati e al popolo della scuola pubblica di essere tutti in piazza domenica 7 giugno in difesa della buona Istruzione.
“La minaccia di precettare gli insegnanti è un oltraggio alla scuola pubblica, una di quelle prepotenze verbali che eccitano gli animi e accendono lo scontro sociale. E infatti nessun governo in Italia è mai ricorso davvero alla precettazione dei professori…Speriamo dunque che al presidente dell’Autorità di garanzia degli scioperi Roberto Alesse..vengano tirate le orecchie da Renzi e dal ministro Giannini” ha scritto ieri Francesco Merlo, non esattamente un militante COBAS, su “La Repubblica”.
Purtroppo l’auspicio non si è realizzato ed anzi la minaccia di precettazione, che in ogni caso competerebbe ai prefetti in casi di emergenza e di “grave turbativa” provocati da uno sciopero, è stata sbandierata ai quattro venti e ingigantita, con lo scopo di intimorire i lavoratori/trici. E un primo preoccupante effetto lo si è visto ieri, quando dalla manifestazione a Roma dei Cinque sindacati, fino a ieri quasi tutti favorevoli al blocco, nessun annuncio in tal senso è emerso e non ci sono state repliche nette alle inaccettabili minacce.
Dunque, anche se avremmo preferito una convocazione unitaria, riteniamo che vadano rotti gli indugi per dare con urgenza un forte segnale che tranquillizzi i docenti e che dimostri la legittimità della forma di lotta proposta: e per questo abbiamo indetto, auspicando fortemente che anche gli altri sindacati facciano lo stesso, il blocco degli scrutini e di ogni attività scolastica per tutto il personale per due giorni consecutivi, a partire dal giorno seguente la fine delle lezioni, differenziata per Regioni. E precisamente: i giorni 8 e 9 giugno per Emilia-Romagna e Molise; il 9 e il 10 per Lazio e Lombardia; il 10 e l’11 per Puglia, Sicilia e Trentino; l’11 e il 12 per Liguria, Marche, Sardegna, Toscana,Umbria, Campania e Veneto; il 12 e il 13 per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Val d’Aosta; il 17 e il 18 per l’Alto Adige. Ricordiamo ai presidi e a tutti/e che non è possibile procedere ad alcuno scrutinio finale prima che siano terminate le lezioni (comma 7, art.192 del DLgs 297/1994) e che non si possono spostare d’ufficio scrutini già convocati nei giorni di sciopero (attività antisindacale) e che saremmo costretti a perseguire eventuali illegalità in tal senso.
Restiamo in attesa di una nuova convocazione da parte del “cattivo maestro” Renzi affinché, dopo l’imbonimento massmediatico alla lavagna, ci si spieghi:
1) come potrebbe un preside con centinaia di docenti nei vari plessi – che vede, al più, due o tre volte l’anno in collegio docenti – giudicarne le capacità didattiche;
2) come lo potrebbero fare addirittura i genitori e gli studenti, assegnando aumenti salariali ad un dieci per cento di “migliori” docenti;
3) con quali doti medianiche un preside “ingaggerà” dagli Albi territoriali docenti mai visti e conosciuti,
4) perché precari con la stessa anzianità di servizio dei possibili stabilizzati verrebbero gettati fuori dalla scuola;
5) perché dovrebbero essere i cittadini, e non lo Stato, a finanziare le scuole con il 5 per Mille, favorendo quelle delle zone ricche a discapito delle disagiate;
6) perché non si dividono tra “bravi” e “somari”, con differenti stipendi, anche, ad esempio, i medici, i magistrati, i parlamentari e i politici.
Sulla base delle risposte e sulla disponibilità a ritirare il Ddl, promulgando un decreto per la stabilizzazione dei precari, valuteremo come proseguire la lotta, anche oltre i due giorni di blocco già indetti, se così deciderà la maggioranza dei docenti e degli Ata. Di questo discuteremo con i lavoratori/trici nelle giornate di mobilitazione unitaria tra il 18 e il 20, in occasione del voto sul Ddl alla Camera: come pure del modo di smontare il tentativo del governo di contrapporre i docenti alle famiglie.