16 Giugno 2015 di Enrico Bulleri
[Attenzione: SPOILER ALERT se non avete ancora visto la serie]
“Daredevil” è a tutt’oggi sicuramente la serie più riuscita che sia stata prodotta dai Marvel Studios, che precedentemente avevano avuto dei risultati abbastanza alterni con la loro programmazione televisiva, consegnandoci probabilmente la migliore serie d’azione del 2015.
Mentre le serie di 13 episodi su Netflix hanno sempre incontrato generalmente un sacco di problemi, “Daredevil” è essenzialmente una corda tesa senza cadute di tono in eccellente bilanciamento di alleggerimento e violenza, il tutto in tinte molto noir. Di solito, questo tipo di serie che decidono di utilizzare la violenza grafica in dosi pesanti alternandola con alleggerimenti scipiti non funzionano, ma questa serie coglie tutte le opportunità che si è saputa dare. Forse la più grande impresa di “Daredevil” è per quanto sia riuscita a distaccarsi da ogni versione precedente della Marvel.Prende la MCU, che è collegato a, e colloca il genere supereroistico in un pacchetto TV-MA meravigliosamente.
Tuttavia, questo non funzionerebbe se non fosse per la sua scrittura eccezionale, il cast, e la direzione generale. Ma prima di tutto, “Daredevil” funziona perché costruisce sapientemente un mondo completamente già formato. Tra il direttore dell’ospedale, il prete, la moglie di Ben e anche uno scagnozzo di Wesley o dei fratelli russi, tutti si sentono come personaggi pienamente funzionanti e non solo messi lì come dispositivi narrativi della trama.. Essi sono creati talmente bene da poter funzionare come individui al di fuori della serie, e gli sceneggiatori mantengono questa dimensione aggiunta dando ad ogni personaggio uno scopo. Di conseguenza, ci si sente davvero come in una buia e grintosa New York e nel suo mondo potendone sentire il battito e il respiro: Murdock, Karen e Foggy sono solo un ingranaggio di una macchina molto più grande.
Per quanto riguarda il resto della scrittura, affermare che la serie sarebbe complessivamente perfetta è forse una imperfezione se non una bugia ma in realtà, ogni episodio è impeccabile – potrei citare alcuni problemi riguardanti alcuni episodi per “Breaking Bad”, invece, mentre il pilota di “Daredevil” è pieno di luoghi comuni già visti in molti procedurals. E, infatti, l’episodio di apertura innervosiva perché appariva nella media, pur possedendo un sacco di potenziale. I due aspetti più deboli della stagione provengono dal pilota: i dialoghi un po’ sciatti degni esattamente del personaggio di Foggy (Elden Henson), e i flasback nella media.Per quanto riguarda questi ultimi, la recitazione è di livello inferiore e sono esattamente come per ogni altra storia colta alle sue origini. Non prendono molto tempo, ma onestamente se ne sarebbe potuto fare anche a meno
Così “Daredevi” è la storia del vigilante cieco che cerca di ripulire lo squallido ventre di Hell’s Kitchen. Questa interpretazione del personaggio, che è un enorme passo in avanti dal precedente tentativo di Ben Affleck, ha luogo dopo gli eventi di “The Avengers” e si riferisce alla battaglia di New York come ad un “incidente”. Infatti, la ricostruzione di Manhattan svolge un ruolo fondamentale nella storia, con la mafia che prende il controllo del settore delle costruzioni di Hell’s Kitchen. La motivazione del cattivo non è solo una questione di soldi; Sì, il gruppo che lavora assieme a lui, è unito come un’impresa criminale, la cui funzione è principalmente quella a scopo di lucro, ma Wilson Fisk, alias Kingpin, vede le sue attività criminali come un male necessario per ricostruire la propria città ideale. Egli in realtà crede in quello che sta facendo ed è disposto a sacrificare chiunque si metta di traverso sulla sua strada. Questa intensa convinzione ne fa il miglior cattivo della Marvel fino ad oggi, un personaggio che contiene molto di più che l’inganno o la magia del fantastico.
Detto questo, due degli episodi più forti si concentrano esclusivamente su Fisk: l’ottavo e il quarto, che gettano uno sguardo alle sue origini. In realtà, la sceneggiatura di quest’ultimo sarebbe da mostrare nelle scuole di scrittura per sceneggiature, – anche dal titolo ‘’In the Blood’’ – come un primo esempio della creazione di un grande antagonista. In 60 minuti, lo spettatore capisce la psiche di Wilson Fisk: un uomo che può essere riflessivo un minuto prima e fracassare il cranio di una persona in quello successivo. E la parte migliore del personaggio di D’Onofrio, grande attore, è proprio la sua imprevedibilità. Mentre il suo compare Wesley(Toby Leonard Moore, ottimo) aiuta a tenerlo sotto controllo, l’intelligenza di Fisk è minata dalle proprie emozioni, con le reazioni violente che porteranno alla sua caduta. Come ci si può rendere conto, un supereroe è buono in misura di quanto sia cattivo il suo avversario; ma per la prima volta nella continuità narrativa dell’universo Marvel, si viene letteralmente sdraiati dalla complessità e dalla descrizione dell’antagonista cattivo.
Tuttavia, “Daredevil” fallirebbe senza un adeguato Matt Murdock. Interpretato da Charlie Cox – uno dei miei preferiti attori di “Boardwalk Empire” e poi ne “La Teoria del tutto”(The Theory of Everything) – che rende perfettamente la psicologia di un supereroe infuriato. Barcollante sulla linea tra l’essere un assassino e un salvatore, per cui è a volte difficile distinguere il protagonista da l’antagonista. Naturalmente, l’alter ego come brillante avvocato della difesa è credibile in quanto Cox ha la fisicità per far corrispondere il suo atletismo da killer palestratissimo, con l’uomo dall’intelligenza riservata.Tutte le sfaccettature del carattere sono rappresentate e, per la maggior parte, funzionano.
E le sue interazioni con il vendicatore mascherato proprio alter-ego, all’inizio più nebulose, si fanno sempre più sviluppate, Karen (Deborah Ann Woll), la damigella in pericolo, con più di qualche scheletro nell’armadio, è fantastica. Karen è uno dei due bei personaggi secondari ma con un arco narrativo proprio: l’altro è Foggy il quale sviluppa di episodio in episodio una sua spina dorsale – in particolare l’episodio nel quale scopre l’identità del vigilante, che è sia straziante che seducente – mentre Karen è un / investigatrice in pericolo per la sua vena d’indipendenza, semplicemente splendida
Anche i cattivi minori ottengono il loro proprio spazio: lo spettatore può gettare uno sguardo nelle origini delle psicologie dei fratelli russi, di Wesley, della signora Gao(Wai Ching Ho) e di Nobu(Peter Shinkoda). Gli sceneggiatori della serie hanno capito che per far sì che l’intera serie fosse di successo, ogni elemento della trama – non solo Fisk – dovesse avere il suo rilievo. Impossibile non menzionare anche il Leland di Bob Gunton.
E a proposito di personaggi, vi è anche la presenza come vera guest star nei panni di Claire Temple di Rosario Dawson. All’inizio, lei si presenta come una infermiera che trova Matt gravemente ferito in un cassonetto; venuta rapidamente a conoscenza della sua identità, decide di aiutarlo. I due iniziano poi momentaneamente una relazione, prima di dover fuggire dalla finestra in meno di un successivo episodio. Poi Claire scompare per un quarto della stagione, solo per tornare a medicare Murdock nuovamente.
In ultima analisi, il personaggio inizia con una forte presenza, ma diventa presto solamente funzionale alle costanti ricuciture e guarigioni di Matt. In cima a tutto questo, parliamo adesso di Stick, ovvero l’allenatore del giovane Murdock, impersonato niente meno che da Scott Glenn. Eppure mi rendo conto che la sua inclusione è fondamentale per impostare le trame future mentre anche tematicamente è un aiuto per Matt a cancellare via via l’ostacolo del suo mentore. la loro scena di lotta è sia un grido d’aiuto figurato, che una scena fisica per cercare un approvazione paterna..
Per quanto riguarda le effettive sequenze d’azione, sono alcune delle migliori che si possano vedere oggi in un prodotto destinato alla televisione. Tra le coreografie e un sorprendente lavoro degli stunt – che è quasi tutto pratico – l’eccessiva violenza è sempre d’ impatto, riflettendo eccellentemente il basso e il tono sporco di “Daredevil”. Chi sosteneva che la Marvel non poteva rendere la grinta terribile di “Daredevil” in televisione, si sbagliava, perché proprio nelle scene di violenza e di lotta essa trova la sua connotazione d’essere, rimuovendo tutti i colori patinati della precedente versione cinematografica con Affleck, e dando vita ad uno qualsiasi dei personaggi, intingendolo nel nero pece che è proprio del fumetto originario.In quasi ogni episodio della stagione sono fissate delle grandi scene di lotta e di combattimenti, gli sceneggiatori si sono abilmente spesi per costruire queste sequenze, gettando sé stessi nello spettacolo, facendo grande questa serie e rendendola veramente unica Dico questo senza nemmeno prendere in considerazione lo stile del girato, il regista tende a sedersi e lasciare che sia il flusso dell’ azione a prendere il sopravvento: solo il montaggio se necessario, impone la scena.
Forse la migliore sequenza di combattimento di tutta la serie è in ‘’Cut Man’’. In quello che sembra essere un omaggio ad una analoga celebre sequenza di “Old Boy”, Daredevil, in un finale in crescendo, si introduce e attraversa un corridoio e poi muovendosi di stanza in stanza, per trovare un bambino rapito, affrontando e soprafacendo in brutalissimi scontri, continui inesauribili avversari. All’inizio della sequenza, Murdock è già ferito e la concatenazione di questa sequenza che deve essere stata lungamente montata, riflette lo stato fisico del personaggio. Tecnicamente si tratta di una sequenza prodigiosa, che integra anche a fondo la narrazione. In realtà, la macchina da presa svolge costantemente un lavoro meraviglioso da vedere, con le coreografie che colgono ogni possibilità venga offerta in questa lunga e intensa sequenza, dall’evidente grande lavoro di montaggio.
Tuttavia, “Daredevil” perde un poco di forza nell’atto finale, dove gli sceneggiatori prolungano alcuni elementi della storia prima di addentrarsi nell’esplosivo culmine della fine: per esempio, tutti sanno che Ben Urich (splendidamente interpretato da Vondie-Curtis Hall) il giornalista, morirà, ma ci vuole sempre ancora tempo per arrivarci. Gli eventi degli episodi 11 e 12, in particolare, potrebbero essere stati modificati in semplificazione per garantire maggiore scioltezza: ma sono esclusivamente progettati per arrivare al finale di stagione e nient’altro. Eppure, questi episodi riempitivi sono tra il meglio visto in televisione in questo 2015: Da cui persino una serie molto buona come “Gotham” avrebbe da prendere e imparare.
E mentre la conclusione è abbastanza prevedibile – in pratica quello che il pubblico viene a attendersi in un racconto di bene contro il male – tematicamente funziona, così come l’arco principale della trama serve all’origine fantastica della storia: Daredevil si dota alla fine anche del famoso costume rosso. Questo è il tipo di serie, fan della Marvel o no, che fa ben vendere gli abbonamenti per Netflix, il che significa che rende la pena del suo prezzo d’abbonamento mensile: l’unico vero problema è che bisogna già attendere il lungo periodo che ci separa per una nuova stagione, non vedendo l’ora di come lo showrunner Steven S. DeKnight riprenda il nostro amato supereroe cornuto e giustiziere.