L’Ufficio Valutazione Impatto del Senato ha redatto un documento che fotografa la devastante riforma attuata nella Pubblica Amministrazione: le legge Delrio, quella che ha smantellato le Province
6luglio 2017 da Antonio Piro sindacato generale di base e Federico Giusti delegati e lavoratori indipendenti
Siamo già intervenuti in più occasioni sull’argomento per dimostrare che un danno irreparabile è stato arrecato non solo alla Pubblica Amministrazione ma alla cittadinanza e ai conti dello Stato con una campagna costruita a colpi mediatici per dimostrare la inutilità delle province e spese che poi sono state smentite, con dati alla mano, dall’Unione Province Italiane.
Le province non erano un inutile carrozzone, sono state presentate come tali perché faceva comodo smantellarle come del resto accaduto al corpo Forestale dello Stato (basta vedere i ritardi e le inefficienze di questa estate nel fronteggiare gli incendi e l’arrivo, imminente, di leggi urbanistiche regionali che daranno il via a processi inarrestabili di speculazione immobiliare con impatti solo negativi per il territorio).
- La legge 42 aveva soppresso ogni trasferimento statale e regionale alle province per le spese relative alle funzioni, fondamentali e non, eccezion fatta per i contributi sull’ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali con le banche, del resto la onorabilità degli impegni assunti con la Finanza andava pur rispettata ma a solo discapito degli impegni assunti con la cittadinanza.
- Ricordiamoci che i vari Governi hanno sempre parlato di rafforzare l’autonomia degli enti locali ma in concreto hanno operato per fini opposti, basti ricordare che negli anni 2016\7 sono annullate tutte le deliberazioni locali e regionali con le quali si aumentano i tributi e le addizionali. In questi anni agli enti locali non si erogavano finanziamenti costringendoli a trovare i soldi aumentando le tasse ai cittadini, ora si proibisce anche l’aumento per poterli schiacciare e ridimensionare, non che sia giusto e accettabile l’aumento delle tasse ma bisognerebbe fare opportune distinzioni, per esempio capire a chi aumentare e a chi invece diminuire le tasse in base ai redditi.
- La messianica attesa del federalismo fiscale finisce solo con il legittimare i referendum come quelli della Lombardia e del Veneto, alimenta l’idea che le regioni più ricche debbano tenere per loro la ricchezza prodotta dimenticando che a contribuire sono i lavoratori pendolari e quanti , in assenza di lavoro, si sono trasferiti dal Sud. Con ciò non bisogna dimenticare che la gestione di innumerevoli regioni del centro sud non è sostenibile e vanno invece contrastate le politiche sugli appalti, sulla gestione delle risorse ma pensiamo che la morale non la possa fare la Regione Lombardia che con una sanità per lo più privata e in convenzione destina innumerevoli fondi a soggetti non pubblici.
Le province in questi anni sono state chiamate a sostenere le spese generali con una drastica riduzione delle loro dotazioni finanziarie ma attenzione che questi soldi non sono serviti a rifare le strade in dissesto, alla manutenzione del territorio, al rifacimento delle scuole che cadono letteralmente a pezzi.
- A partire dall’anno 2010 ad oggi, innumerevoli decreti legislativi hanno tagliato centinaia, anzi migliaia di euro di fondi, un taglieggiamento continuo e prolungato che ha come conseguenza il rischio di default delle Province, o di quanto rimane delle stesse.
- La sola componente cresciuta della spesa corrente è quella relativa alle funzioni amministrativi, mentre le funzioni fondamentali, soprattutto alcune, hanno subito tagli poderosi soprattutto scuola, territorio, politiche del lavoro e della formazione.
Di particolare rilevanza lo Studio del Senato che, a pagina 46, parla di assoluta incoerenza della riduzione di spesa per le funzioni fondamentali e di aumento invece delle spese generali di amministrazione, lo studio documenta in particolare il taglio di quasi il 70% delle risorse destinate al trasporto pubblico locale e le conseguenze si vedono nello stato comatoso in cui versano le aziende e i servizi pubblici con mezzi vecchi e fatiscenti, riduzione di organici e aumento insostenibile dei carichi di lavoro.
Recentemente, lo Stato italiano è corso ai ripari e il Decreto Legge 91\2017 prova a cambiare strada ma con innumerevoli contraddizioni e ritardi che pregiudicheranno ogni intervento perché gli stanziamenti avvenuti sono stati in maniera inadeguata e persiste lo squilibrio con qualcosa come 371 milioni di euro in meno alle Province. Per questo parlare di inversione di tendenza è sbagliato perché di errato c’è solo la Legge Del Rio utilizzata come leva per il referendum costituzionale bocciato il quale anche la Legge Del Rio avrebbe dovuto essere abrogata (ma qui subentrano anche le troppe timidezze dei comitati referendari interessati più alle prossime elezioni che alla sostanza delle cose).
Lo studio del Senato è uno strumento utile per illustrare con documenti e statistiche ufficiali il fallimento della Legge Del Rio, la grandissima confusione fatta sulle competenze alle regioni e agli enti locali, un iter lungo e burocratico pieno di contraddizioni legislative, eppure ai cittadini era stata raccontata la storiella della lotta alla burocrazia in nome della semplificazione. Le stesse legislazioni regionali che attuano la legge 56 presentano innumerevoli differenze e contraddizioni, ci sembra che non esista logica alcuna se non quella spartitoria delle competenze a favore di soggetti privati.
Nessun bilancio ad oggi era stato fatto, lo studio del Senato offre almeno qualche spunto utile di analisi e di riflessione a partire dalla gestione dei servizi pubblici in ambito metropolitano. Di questi giorni è la polemica sulle nomine all’Atac di Roma, l’obiettivo è comunque un altro, ossia smantellare la azienda e privatizzarla con sostenitori che si trovano in quasi tutti gli schieramenti politici, anche tra quanti avevano assicurato agli elettori la tutela del bene pubblico.
Dopo lo smantellamento delle Province restano così tante disposizioni legislative, spesso in contraddizione tra loro, da far perdere la bussola anche al più profondo conoscitore del diritto pubblico, statuti metropolitani così discordanti da determinare servizi di serie a o di serie b a seconda della dislocazione geografica. Si attua così quell’idea di federalismo che rafforza solo i poteri economici e politici più forti, crea un colossale intrigo legislativo e divide lavoratori e cittadini presentando all’occorrenza specchietti per le allodole verso le quali deviare ogni attenzione. E sotto i nostri occhi i risultati:
- scuole senza manutenzione,
- strade ridotte a colabrodo,
- pinete trasformate in discariche,
- spiagge pubbliche soppresse e quelle poche rimaste ridotte a cumuli di pietre che rendono scomoda la permanenza