La meraviglia di un secolo di musica: Caetano Veloso e Gilberto Gil e il loro strepitoso concerto
12 Luglio 2015, di Michele Faliani
Sia lodato chi ha inventato il condizionatore d’aria per le auto. Senza, il viaggio che in una torrida domenica di luglio abbiamo fatto per andare a Castellazzo di Bollate per il concerto di Caetano Veloso e Gilberto Gil sarebbe stato un inferno.
Si parte alle 17. Settiamo l’iPod in modalità shuffle all’interno della cartella MPB (Música Popular Brasileira), e per tre ore ci faranno compagnia Maria Bethania e Gal Costa, Ana Carolina e Jobim, Seu Jorge e Gracinha Leporace. Per entrare nel mood del concerto al quale andiamo ad assistere è la colonna sonora perfetta. Il termometro esterno dell’auto segna 37°. Imbocchiamo l’autostrada e in meno di un’ora siamo sulla Cisa. Incredibile che, per tutta la sua lunghezza, non ci sia neanche un cantiere aperto.
Lasciamo la tangenziale ovest di Milano a Rho, e passiamo per un’infinità di cantieri dell’Expo. Decine di costruzioni da finire, parcheggi enormi tristemente vuoti, mucchi di ghiaia ovunque. Alla fine Villa Arconati ci appare, bellissima, illuminata dalla luce del tramonto.
Baci e abbracci con i nostri amici milanesi, e finalmente ci incamminiamo nell’enorme spazio nel quale è stato allestito il palco che ospiterà fra pochi minuti Caetano Veloso e Gilberto Gil. Il titolo del concerto è emblematico: “Due amici: un secolo di musica”. Entrambi festeggiano i 50 anni di carriera con questo tour mondiale, completamente acustico. Il palco, sconfinato, non presenta alcuna scenografia, solo un telo nero che funge da quinta. Al centro, solo due sedie, due guitar stand e un piccolo tavolo con due bicchieri di vino. Impianto di illuminazione assolutamente sobrio. L’attenzione, stasera, DEVE essere solo sui due musicisti bahiani e sulla loro musica.
Quando Caetano e Gil arrivano sul palco li accoglie un’ovazione. Il tempo di sedersi e partono subito con “Back in Bahia”, “Coração vagabundo” e “Tropicàlia”, il manifesto del loro movimento musicale. C’è tempo per un omaggio ad Ary Barroso e Luiz Peixoto (“É luxo só”, resa famosa da João Gilberto) e anche per l’Italia (“Come prima” di Tony Dallara, da anni nel repertorio di Caetano), per il resto è una carrellata su monoliti delle carriere di entrambi (da “Sampa” a “Expresso 2222”, da “Alegría alegría” a “Drão”, da “Nine out of ten” a “Esotérico”, da “Terra” a “Filhos de Gandhi”). Una meraviglia assoluta, con i due che prima di tutto si divertono come matti. Un’intesa perfetta, nessuno dei due sovrasta l’altro ma ognuno dei due è complementare all’amico, a testimonianza di un legame che dura da oltre 50 anni e che è qualcosa di più di un semplice sodalizio musicale. I due hanno condiviso praticamente ogni cosa, compreso quel periodo nel quale Gil era ministro della cultura nel governo Lula e nel quale Caetano è stato spesso duro, a volte durissimo con l’operato dell’amico.
I momenti più alti dello show? Sicuramente “Não tenho medo da morte”, eseguita dal solo Gil usando la chitarra come una percussione, “Desde que o samba è o samba” (eseguita come primo bis, con il pubblico tutto in piedi sotto al palco) e “Luz da tieta”, un fuori programma che è stato servito come terzo bis a un pubblico che mai se ne sarebbe andato senza un’altra canzone.
Unico neo della serata i prezzi dei biglietti quasi proibitivi, altrimenti mi sarei sicuramente fatto un’altra delle 4 date che i due hanno fatto (o stanno per fare) in giro per l’Italia. Ed ora speriamo che da questo show vengano tratti un cd e un dvd dal vivo. I momenti leggendari vanno immortalati per sempre.