Le nostre città e i loro abitanti sono dominati dalla paura: della povertà e di perdere quello che si ha, la paura dell’altro, del diverso, di colui che potrebbe peggiorare la propria condizione. In un contesto di precarietà diffusa e perdita di sicurezze e garanzie minime.
29luglio 2017 da Stefano Romboli, BuongiornoLivorno
L’effetto è una escalation di guerra fra poveri. La politica e le istituzioni, anziché favorire soluzioni e scelte per arginare i fenomeni di impoverimento, cavalcano l’onda mettendo all’indice poveri e marginali. Il decreto legge sulla sicurezza urbana n.14 del 20/02/17 del Ministro Minniti ha come fondamenti il decoro e la percezione di insicurezza dell’opinione pubblica. Contiene norme per lo più contro i poveri e introduce “un ossimoro perverso” come quello dell’arresto in flagranza differito (prevedendo il Daspo urbano, dopo averlo sperimentato negli stadi).
L’obiettivo dichiarato dal testo è quello di andare incontro alle esigenze di “vivibilità” e di “decoro delle città”, da perseguire non solo per mezzo del conferimento di maggiori poteri ai primi cittadini, ma anche tramite interventi di “riqualificazione e recupero delle aree o dei siti più degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione” (Articolo 4, comma 1). Al contempo si consolida il taglio drastico ai fondi per l’assistenza sociale, mentre nell’articolo 17 si afferma che il provvedimento non deve comportare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Si disegna una nuova gerarchia dei poteri e a livello locale la sicurezza è affidata a un triumvirato composto da prefetto, questore e sindaco. Il decreto Minniti dà discrezionalità al potere, è un regalo a chi vuole raccogliere consensi cavalcando la paura. I sindaci, governatori della città sul modello americano, per ripulire i centri storici delle città, avranno il potere di allontanare chiunque venga considerato “indecoroso”, non occorrerà che sia indagato o che abbia commesso un reato. Contrastare questo decreto non significa pensare il centro storico colmo di accattoni, accettare il barbonismo, invitare a riunioni di lavoratori ubriachi della domenica che occupano gli spazi della bellezza: significa obbligare ad affrontare le ragioni del disagio non a perseguitare il disagio. La volontà di coniugare riforma e giustizia sociale con libertà, senso del reale con l’aspirazione di cambiamento viene ancora una volta messa da parte o ignorata investendo sul capitale più redditizio: la paura.
Questo decreto interpreta perfettamente un cambiamento politico e antropologico che nel giro di una decina di anni ha permesso in nome della sicurezza e del decoro di prendere il sopravvento e di criminalizzare i disadattati, gli accattoni, i marginali. Si risponde alla percezione pubblica dell’insicurezza a discapito della solidarietà, consolidando la dismissione delle politiche locali di welfare. Con questa legge figlia del Governo Gentiloni-Renzi si riprendono, rafforzandoli, i criteri e i principi ispiratori della legge Maroni del 2008.
Come Buongiorno Livorno non mancheremo di analizzare e contrastare gli effetti del decreto sul piano locale, esercitando controllo politico sui processi in corso nella nostra città. Da settimane già stiamo seguendo la situazione del mercato rionale di Piazza Garibaldi (coinvolta da mesi dal progetto “Sicurezza in Garibaldi” contraddittorio non solo nel nome): la particolare attenzione e l’accanimento mostrato dall’amministrazione comunale sono secondo noi paradigmatiche del modello di città che si intende perseguire. In questi giorni poi stiamo tutti e tutte vivendo il grottesco effetto Minniti in Venezia. Il maggior potere che la legge concede ai sindaci e quindi alle Istituzioni locali ci preoccupa per le possibili derive applicative. Una sfida per i territori e per il modo con cui i comuni recepiranno il modello di città indicato da Minniti che prescinde dai bisogni reali e che funziona come mera rassicurazione simbolica. D’ora in avanti le decisioni e la volontà del sindaco meriteranno maggiore attenzione e peseranno di più (può porre freni anche alle decisioni del prefetto, ad esempio sui blocchi agli sgomberi per gravi motivi umanitari o sanitari). Per noi la dignità dell’essere umano è più importante del cosiddetto decoro (di facciata), vedremo quanto si discosterà il sindaco da questo principio fondamentale.