Si è conclusa la Decima Festa del Cinema di Roma e proprio nella serata conclusiva è stato presentato al Maxxi un documentario su Pier Paolo Pasolini che verrà proiettato il primo novembre su Rai 1 nell’anniversario della sua morte.
27 Ottobre 2015, di Donatella Nesti
In questi anni in molti hanno cercato di ricostruire l’importante eredità culturale di un intellettuale, un poeta, un regista, un profetico anticipatore senza però cogliere completamente la profondità della sua personalità. Un modo diverso di descrivere un uomo che ha segnato intensamente molte generazioni è stato quello di farlo parlare inquadrandolo come hanno fatto gli autori nel filmato “Pasolini il corpo e la voce” applaudito dal pubblico della festa di Roma. Il Documentario “Pasolini.
Il corpo e la voce” di Maria Pia Ammirati, Arnaldo Colasanti e Paolo Marcellini, con la consulenza di Graziella Chiarcossi, la voce di Francesco Siciliano per la regia di Paolo Marcellini, realizzato da Rai Teche in collaborazione con Rai Cinema, vuole rappresentare la ricerca di una verità umana e morale ancora tutta da scoprire. C’è il Pasolini autobiografico: “mio padre era un uomo molto diverso da me con cui ho avuto rapporti molto difficili, tipici rapporti tra padre e figlio quando questi rapporti sono drammatici”, (1965); il Pasolini dell’impegno politico e civile che ci ricorda la decisiva differenza tra sviluppo e progresso: “lo sviluppo, almeno qui in Italia, oggi vuole la creazione, la produzione intensa, disperata, ansiosa, smaniosa di beni superflui mentre, in realtà, coloro che vogliono il progresso vorrebbero in realtà la creazione, la produzione di beni necessari”, (1974); quello che interviene su temi sociali come la famiglia: “siamo passati ad un’altra era, quella della civiltà tecnologica, in cui la famiglia non serve più”, (1974).
Parla del suo cinema e delle due fasi che lo hanno caratterizzato: “i primi film da Accattone, al Vangelo secondo Matteo, a Ricotta e Edipo Re li ho fatti sotto il segno di Gramsci e infatti mi sono illuso di fare opere nazional popolari…ne consegue che pensavo di rivolgermi al popolo…poi c’è stata la trasformazione di questo popolo in qualcos’altro, in quello che i sociologi chiamano massa…A questo punto, in un certo senso, mi sono rifiutato, non programmaticamente, non aprioristicamente… di fare dei prodotti che siano consumabili da questa massa…e quindi ho fatto dei film d’elite, apparentemente antidemocratici, aristocratici.
In realtà essendo film prodotti in polemica contro la cultura di massa, che è tirannica…sono un atto, per quanto inutile, di democrazia”, (1970); da grande osservatore parla poi sui fenomeni degli hippies o dei moderni predicatori americani: “non può non esserci una reazione a questa così benpensante, codificata e conformistica civiltà dei consumi…ma è una rivolta sottoculturale…Alla sottocultura imposta dal potere industriale si oppone una sottocultura vagamente teosofica, spiritualistica e indianeggiante… che ha evidentemente un sottofondo religioso, magari anche autentico, ma che si disperde in questa forma sottoculturale…”, (1973).
Quanto sia ancora amato Il poeta che sosteneva “la forza rivoluzionario del passato” lo ha dimostrato la lunga fila che molti spettatori hanno fatto per entrare alla proiezione mattutina dalla quale molti sono rimasti esclusi e che quindi potranno recuperarla in TV il primo novembre.
La festa di Roma si è chiusa con il premio del pubblico ad Angry Indian Goddesses di Pan Nalin Il primo “Buddy movie” indiano al femminile – firmato dal regista di Ayurveda: Art of Being, il documentario indiano di maggior incasso – è un ritratto fresco e spigliato delle donne nell’India di oggi. “Sono particolarmente lieta che un film coraggioso, rivelatorio, in grado di far luce sulla condizione femminile in India, anche attraverso un genere solitamente al maschile, abbia ricevuto il massimo gradimento da parte dei nostri spettatori – ha spiegato Piera Detassis, presidente della Fondazione Cinema per Roma – Il risultato ci mostra come il pubblico della Festa sia sempre pronto a leggere e premiare le proposte più interessanti, innovative e al tempo stesso popolari, provenienti dal miglior cinema internazionale”.
Tra gli incontri ravvicinati apprezzato ed applaudito quello con Todd Haynes, uno degli autori più acclamati, re inventore dei generi in chiave postmoderna il quale ha presentato il suo ultimo film Carol tratto dal romanzo di Patricia Highsmith ed interpretato splendidamente da Cate Blanchet e Rooney Mara. “…erano tempi in cui i bar dei gay erano una porta buia in qualche recesso di Manhattan, e chi voleva andare in un certo bar scendeva dalla metropolitana una stazione prima o dopo quella voluta… .“ (Patricia Highsmith, Postfazione, 1989).