Si è rammaricato che la sua provocazione sulla “cultura del lavoro che manca” ha visto prevalere le polemiche, ma anche roboanti silenzi sindacali, piuttosto che uno sforzo di capire e trovare risposte
Lvorno, 06 maggio 2016 da Sergio Landi Lega Nord
E’ in effetti sembrato di trovarsi di fronte alle solite litanie sui livornesi che preferiscono essere disoccupati sul Romito che ingegneri a Milano. Un marketing superficiale che non fa bene alla città. Colpa anche dei livornesi? Se fosse ci dovremmo domandare quanto derivi da una cultura dei “diritti” che ha offuscato quella dei “doveri”.
Altra cosa la difesa di una dignità del lavoro che liberismo e mercantilismo hanno messo ai margini della società civile e della economia. Non meraviglia che, assente ogni vigilanza istituzionale, siano di moda contratti di 8 ore pagati 6 della durata di 10. Dalle parti della porta a mare si dice che si preferisca il lavoro di croati e polacchi a 4 euro l’ora intermediati da agenzie europee.
I livornesi sono diventati troppo esigenti? Quando manca il lavoro, ed è il caso di Livorno, anche la cultura e la civiltà del lavoro si sfilacciano. E’ tutto il tessuto della città che si è nel tempo indebolito. Negli ultimi 20 anni ha governato un partito che ha privilegiato la rendita immobiliare (che la fa da padrona intorno ai Bacini) ed il lavoro marginale della edilizia piuttosto che il lavoro produttivo.
Oggi invece governa un partito che fa del non lavoro ovvero del reddito di cittadinanza, piuttosto che della cittadinanza del lavoro,un nuovo orizzonte ideologico. Ma non si può neanche tacere che l’assistenza statale agli immigrati clandestini, in attesa che divengano forza lavoro a buon mercato,sta diventando una nuova frontiera di piccolo affarismo e carità. Negli ex lavoratori di Vertenza Livorno ho trovato gente che non si gongola nel non far niente beneficiando dell’assegno di mobilità. Vogliono lavorare, per dignità. Invece delle polemiche facciamo di tutto per darglielo, anche per la dignità della città partendo dai bacini che possono diventare un polo industriale importante nelle riparazioni navalmeccaniche ma riaprendo al tempo stesso una prospettiva di efficace reindustrializzazione. Accettare il declino NO.