Kate Winslet ha rappresentato per molto tempo il mito di molte adolescenti quando ai tempi del Titanic incarnò Rose accanto a Di Caprio
03 maggio 2016 di Donatella Nesti
Avrebbe potuto restare prigioniera di quel ruolo come capita spesso nel cinema ma la sua bravura e versatilità è andata crescendo con gli anni basti pensare ai numerosi premi internazionali collezionati con film come Iris, The reader, Revolutionary road ed alle interpretazioni diverse degli ultimi film: Le regole del caos, Steve Job, Codice 999, The dressmaker.
In questo ultimo The dressmaker, il diavolo è tornato, un film sicuramente eccentrico, fantasioso e surreale, la brava attrice inglese interpreta Tilly un personaggio che si muove nel mondo con la sua inseparabile Singer, la miracolosa macchina da cucire. Il film è ambientato in Australia nel 1951 in un piccolo paesino dove tutti si conoscono. Tilly Dunnage (KATE WINSLET), affascinante e talentuosa stilista, dopo aver lavorato per anni per i più grandi atelier parigini di haute couture, decide di far ritorno a Dungatar, un piccolo paesino nel sud est dell’Australia. Dopo quasi 20 anni di assenza, Tilly, che -ancora bambina- ha dovuto abbandonare la città natale in seguito a un tragico evento, torna per stare accanto all’eccentrica madre, Molly (JUDY DAVIS), e affrontare un passato scomodo e doloroso. Nel cuore di Tilly matura un desiderio di vendetta.
A Dungatar tutti conoscono Tilly. Ottusi, curiosi, scontrosi e poco socievoli, gli abitanti di Dungatar difendono un equilibrio precario, consapevoli che nessun segreto è davvero al sicuro.
Il ritorno di Tilly in città fa vacillare questo labile equilibrio. La minaccia si veste di strane ed esotiche stoffe, giunte dalla Francia fino a Dungatar a bordo di cassapanche cariche di tessuti. Il sergente Farrat (HUGO WEAVING) è il primo a notare con quanta grazia e passione Tilly dia vita alle proprie creazioni, fatte di seta e fili pregiati. È lui a giocare il ruolo di interfaccia tra Tilly e gli altri abitanti del paese, che non hanno dimenticato la tragedia di cui hanno sempre creduto colpevole Tilly – tanto da indurla a partire e ad esiliarsi in Francia.
Tilly sente di essere stata ingiustamente accusata, ma non ha un chiaro ricordo di quanto accaduto. Gli abitanti di Dungatar, attratti dalle sue incredibili abilità sartoriali, la aiuteranno più o meno consapevolmente a ricostruire il mosaico della verità, tessera dopo tessera. Gli abiti meravigliosi che Tilly sa creare diventano un’arma contro i suoi detrattori. Ma la vendetta si paga a caro prezzo. La posta in gioco si fa alta quando Evan Pettyman (SHANE BOURNE), che nutre nei confronti di Tilly e Molly un odio viscerale, assume Una Pleasance (SACHA HORLER), una stilista di Melbourne, perché metta in difficoltà Tilly e decreti la fine della sua carriera. In questo percorso, tuttavia, Tilly impara anche ad aprire il cuore e a dispetto di ogni idea precostituita si innamora del più grande giocatore di football del luogo, Teddy McSwiney (LIAM HEMSWORTH).
Cosa ancora più sorprendente, riesce a riannodare quel sottile e fragile filo che la lega teneramente alla madre Molly. In una spietata competizione a colpi di ago e filo, la trasformazione degli abitanti di Dungatar passa dai loro piccoli e grandi difetti, rivelando quanto siano aridi e vuoti i loro cuori.
The Dressmaker è il primo romanzo di Rosalie Ham e la regista australiana Jocelyn Moorhouse si è ritrovata nelle atmosfere del libro “ ho letto il libro, me ne sono innamorata e l’idea di farne un film non mi ha più abbandonata.” Jocelyn quindi è diventata non solo la regista del film, ma anche la sceneggiatrice. Bellissimi i costumi del film che hanno un ruolo determinante, Jocelyn Moorhouse afferma: “Un mio amico stilista una volta mi ha detto che gli abiti sono un’arma. Sono d’accordo. Mi piace molto l’idea che una donna riesca a realizzare la propria volontà disegnando abiti straordinari, capaci di trasformare chi li indossa e che gli abiti in sé siano delle armi contro gli altri” Il diavolo è tornato la moda è travestimento. Tilly Dunnage fa appello al loro senso di vanità e competizione delle donne di Dungatar che, per troppo tempo, si sono trascurate o sentite trascurate. Tilly fa germogliare in loro un falso senso della speranza, tendendo una mano – o meglio, un filo – a cui appendersi. Tilly sa cucirle e scucirle, e loro si lasciano fare, come osserva Rosalie.