Gli Amici dei Musei e Monumenti Livornesi consegnano 6 mila euro al Comune di Livorno.
6Marzo 2015 da Comune di Livorno
Si è felicemente chiusa la pubblica sottoscrizione indetta dagli Amici dei Musei e dei Monumenti Livornesi con il raggiungimento della cifra necessaria al restauro di un gruppo di delfini in ghisa, opera della prima metà dell’ ‘800, di Carlo Reishammer, tolti dalla balaustra di Ardenza e ora nei depositi comunali.
La cifra di 6 mila euro richiesta a suo tempo dall’ufficio dei Beni Culturali del Comune, sarà ora messa a disposizione per il lavoro di restauro il cui iter gli Amici dei Musei si impegnano a seguire e sollecitare.
A restauro ultimato il gruppo sarà esposto in luogo pubblico.
L’importante risultato è stato annunciato a Palazzo Comunale dall’assessore alla Cultura Serafino Fasulo, dalla presidente degli Amici dei Musei e Monumenti Livornesi Annamaria Pecchioli Tomassi, e dalla rappresentante della Soprintendenza di Pisa Loredana Brancaccio.
“Ringrazio l’associazione per questa iniziativa che raggiunge lo scopo, innanzitutto, di stimolare nei livornesi il senso di appartenenza alla propria comunità, senza il quale si perde l’orgoglio e l’amore per i beni comuni, con il rischio che una città si ingrigisca e si ripieghi su se stessa”, ha dichiarato l’assessore Fasulo.
Come ha ricordato la signora a Pecchioli Tomassi, “si è trattato di una raccolta fondi che si rivolgeva direttamente ai singoli livornesi con lo scopo di coinvolgerli e sollecitarli a prendersi cura in prima persona del proprio patrimonio culturale. Una raccolta quindi lunga e capillare. Sono stati organizzati, piccoli e grandi eventi come “apericene” e conferenze, incontri sul lungomare, una mostra di magliette di calciatori famosi durante Effetto Venezia al Teatro Vertigo al cui ingresso si chiedeva un “contributo libero” e poi tombolate, incontri di Burraco, e molto altro ancora”.
“Si ringraziano – ha detto ancora la presidende Pecchioli Tomassi – tutti coloro che generosamente hanno contribuito con versamenti spontanei, ospitando eventi e promuovendo l’iniziativa presso amici e parenti. Sono tutti gesti d’amore per la nostra bella Livorno”.
“Questo non è l’inizio nè la fine del progetto, ma una staffetta”, ha dichiarato la funzionaria della Soprintendenza. “Grazie all’impegno di tutti i livornesi che hanno contribuito, Comune e Soprintendenza collaboreranno per restituire, nella forma che sarà studiata, l’opera ai livornesi”.
E’ la seconda volta che gli Amici dei Musei Livornesi propongono una raccolta fondi, lo fecero anche nel 2006, si voleva acquistare un dipinto del ‘600 che ritraeva il centro di Livorno. La cifra raccolta non fu sufficiente per acquistare il quadro, ma venne – con successo – impiegata per il restauro del bellissimo organo della Chiesa di Santa Caterina. “Se i livornesi dessero, ogni anno, anche solo 1 euro a testa – ha dichiarato la presidente degli Amici dei Musei – molto si potrebbe fare per la tutela e conservazione dei Beni culturali di questa città molto amata ma alle volte anche molto maltrattata”.
Scheda sull’autore e sull’opera:
Carlo Reishammer (Firenze, 4 aprile 1806 – Firenze, 4 ottobre 1883), figlio di padre austriaco e madre italiana.
Dopo aver ricevuto una prima formazione in Svizzera, si trasferì a Roma e quindi concluse gli studi d’architettura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, città nella quale, giovanissimo, lavorò alla sistemazione del Cimitero degli Inglesi. Nel 1834 sposò una figlia di Alessandro Manetti, direttore del “Corpo degli Ingegneri d’Acque e Strade”, presso il quale prese servizio. Dal 1841 al 1849 assunse l’incarico di “Commissario regio per l’immediata vigilanza sulla esecuzione della Strada a Rotaie di ferro da Firenze a Livorno” e, dal 1850 al 1859, quello di “Commissario Regio delle strade ferrate” di Toscana per conto della nuova “Direzione Generale dei Lavori di Acque e Strade e delle Fabbriche Civili dello Stato”. Collaborò con il suocero a diverse opere tra cui le bonifiche della Maremma.
Il suo interesse per l’architettura del ferro lo fece diventare l’architetto toscano che maggiormente impiegava i nuovi elementi architettonici prodotti in serie dalle Fonderie di Follonica. L’opera manifesto della nuova poetica fu la chiesa di San Leopoldo di Follonica costruita tra il 1834 e il 1840.
Tra il 1835 e il 1845 progettò gli elementi in ghisa delle Barriere della Cinta Daziaria di Livorno, realizzata dal suocero, Alessandro Manetti: una cinta muraria posta a delimitazione della nuova area del porto franco di Livorno, (in gran parte demolita nei primi anni del Novecento, sebbene alcuni tratti siano stati risparmiati dalla distruzione e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale). Nelle soluzioni dei varchi labronici, che presentano analogie con quelli progettati da Claude-Nicolas Ledoux per la città di Parigi, realizzò alcuni innovativi elementi in ghisa che fece produrre dalle fonderie di Follonica sia per scopi ornamentali, i famosi delfini, che strutturali. Suo anche il cancello d’ingresso della fabbrica in ferro fuso costituito da un monumentale arco di trionfo
Si occupò anche della progettazione di ponti come quello sul fiume Ombrone del 1844 nell’ambito delle bonifiche maremmane: un vero capolavoro, di cui però restano solo i disegni nell’Archivio di Stato di Firenze: “un ponte sospeso a canapi di filo di ferro della luce di braccia 142″ (circa 82 metri), che sembra anticipare il Liberty e che rappresenta il vertice un iter progettuale iniziato con la costruzione del ponte sospeso a Poggio a Caiano. Nel 1841, fu nominato commissario per il compimento della Ferrovia Leopolda tra Livorno e Firenze, sovrintendendo poi, a partire dal 1850, alla realizzazione di tutte le ferrovie del Granducato di Toscana fino al 1859.
Alla caduta del granduca, seguendo fedelmente il suocero Manetti, si ritirò quindi dall’attività pubblica, aprendo uno studio di progettazione privato, ma non si hanno notizie precise al riguardo. La sua opera fu a lungo dimenticata, fino alla riscoperta critica negli ultimi decenni.
I Delfini d’Ardenza
I Delfini in ghisa del porticciolo di Ardenza fatti realizzare da Carlo Reishammer tra il 1835/e il 1845 dalle Fonderie di Follonica e ora conservati nei depositi comunali, facevano parte della balaustra formata da cinque gruppi in ghisa raffiguranti ciascuno due gruppi di delfini capovolti, legati per la coda. Gli elementi metallici sono intervallati da sedili e piedistalli in muratura.. I prototipi dei delfini disegnati dal Reishammer per le nuove Dogana d’Acqua e Porta a Mare furono presentati all’interno della “Pubblica esposizione d’Arti e Manifatture Toscane” di Firenze del 1839, mentre i modelli in legno, poi adoperati dalle Fonderie di Follonica, sono conservati presso il Museo del Ferro e della Ghisa di quella città.
Gruppi di delfini ornavano l’antica Dogana d’Acqua come si può vedere nelle stampe e la Porta a Mare. La balaustra, composta da una sequenza di panchine e colonne, tra le quali furono inseriti 10 gruppi di delfini, collocata poi presso il Moletto d’Ardenza deriva forse con più probabilità dall’antica Porta a Mare, situata presso l’attuale piazza Orlando, e smontata già sul finire del XIX secolo, a seguito dell’ampliamento del sistema doganale verso sud, con la costruzione della Barriera Roma e Barriera Margherita.