3ottobre 2014 di Gisella Seghettini e Carmela Fanelli
“Puoi piangere perché se ne è andato o puoi sorridere perché ha vissuto/ Puoi chiudere gli occhi e pregare che ritorni o puoi aprire gli occhi e vedere tutto quello che ha lasciato/ Il tuo cuore può essere vuoto perché non puoi vederlo o può essere colmo dell’amore che avete vissuto/ Puoi voltare le spalle al domani e vivere ieri, puoi essere felice del domani a causa di ieri/
Puoi ricordarti di lui e solo del fatto che se ne è andato o amare il ricordo di lui e farlo vivere/ Puoi piangere e chiudere la mente, sentire il vuoto e voltare le spalle o puoi fare quello che lui vorrebbe: sorridere, aprire gli occhi, amare e continuare”
Con queste, commoventi parole, la prof. Mazzarino conclude il suo intervento di introduzione alla presentazione del libro “Gastone Orefice Un giornalista livornese nel mondo” di Catia Sonetti, pubblicato dall’Istoreco per le edizioni ETS di Pisa, un altro grande livornese che le vicende della vita hanno portato lontano dalla sua città, ma a differenza di altri, da Livorno, dallo “scoglio” non si era mai allontanato del tutto, tornando sempre per le vacanze o le ricorrenze pur lavorando a Parigi o a New York come giornalista corrispondente della RAI e nella quale decise di passare i suoi ultimi anni.
Ebreo, in una città in cui non erano mai esistiti ghetti,subisce a 16 anni l’allontanamento da scuola per l’emanazione delle leggi razziali e la persecuzione nazi-fascista negli anni successivi che lo vedono in fuga da Livorno con la famiglia.
E a questo punto è interessante sottolineare, come ha fatto la dott. Barbara Armani nel suo intervento, che Gastone Orefice faceva discendere dalla emanazione delle leggi razziali il ricompattarsi della comunità ebraica: l’essere ebreo era solo un “fatto privato” e tali ignominiose leggi ne fecero un “fatto pubblico” ponendo l’ebraismo prepotentemente ed urgentemente in primo piano rispetto all’essere italiano o livornese.
Su razzismo e antisemitismo negli Stati Uniti, Orefice non ha dubbi: il secondo deriva dal primo: ” non c’è integrazione razziale di alcun tipo-…- sa come è definita l’integrazione razziale soprattutto nei confronti dei neri? L’integrazione razziale è quel periodo che va fra l’arrivo della prima famiglia nera in un quartiere e la partenza dell’ultima famiglia bianca dallo stesso quartiere”.
L’intervista percorre l’intera vita di Orefice (si faceva chiamare Ortona per distinguersi dal fratello Vittorio, anche lui giornalista) e il libro è corredato da molte fotografie e da testimonianze di colleghi ed amici.
Consigliamo vivamente di leggerlo, soprattutto ai più giovani.