Il genio di Arto Lindsay ha fatto capolino per un’ora scarsa allo storico Cinema Lumiere di Pisa
22 Aprile 2018, di Michele Faliani
Qualche giorno prima del concerto un mio carissimo amico musicista e musicologo scrisse un interessante post su un social network, nel quale chiedeva (soprattutto ai suoi colleghi) se secondo chi stesse leggendo ci sia differenza fra rumore e suono, asserendo che spesso i due concetti possono anche confondersi (il rumore delle foglie mosse dal vento è un suono bellissimo, una canzone che esce da due casse gracchianti e ad un volume altissimo è un rumore disturbante). Ecco, la risposta più esaustiva al quesito del mio amico è stata il concerto di Arto Lindsay al Lumiere di Pisa: un’ora (scarsa) di canzoni eseguite soltanto con la sua Danelectro a 12 corde, con loop stratificati a creare nubi di suoni che non credevo potessero uscire da una chitarra. Arto Lindsay, al pari con il produttore del primo disco del suo primo gruppo (i leggendari DNA), è un non-musicista, un artista che compone e suona grazie al suo talento artistico senza avere nessuna competenza tecnica. Ma quello che viene fuori è Arte, pur con suoni che possono risultare strani, sgradevoli, non convenzionali e fuori da ogni schema: basterebbe ascoltare la dolcissima “Illuminated”, eseguita come bis, o “Mundo civilizado” (scritta con Marisa Monte). Per farvi un’idea accontentatevi del video di “Estação derradeira” che linkiamo a fondopagina, e la prossima volta che l’associazione Re-Play e Caracol Concerti lo riportano da queste parti vedete di essere fra quelli che al Lumiere hanno assistito a qualcosa che travalica il semplice concetto di concerto.
Grazie all’Associazione Re-Play, a Caracol Concerti e allo staff del Lumiere per l’ospitalità.