Già una prima intervista è stata realizzata con Fabio Canaccini su: sport e impianti, questa che segue è la seconda che riferirò in tre puntate.
28dicembre 2017 da Ruggero Morelli
Ho parlato con alcuni giovani laureati di ‘Uninfonews’ (è la sigla della loro associazione, che vanta un sito carico di notizie e note su musica, teatro, sport e politica www.uninfonews.it). Li ho invitati a indicare motivi e priorità per il loro futuro dopo aver sparso sul loro tavolo alcune domande sulla città, la costa, l’università ed il lavoro. Otto di loro hanno partecipato all’incontro, si sono scelti i settori e ragionando con ampiezza hanno fornito risposte.
Come si può dare una svolta alla città che stenta sulla Darsena Europa, sui bacini, sul porto turistico, sui rapporti con Pisa e Collesalvetti? Risponde Giulio Profeta:
La situazione socioeconomica attuale a Livorno è il punto di arrivo, sempre che non si debba sempre, per così dire, “scavare”, di una totale assenza di prospettiva della classe dirigente locale, politica ma anche imprenditoriale.
Ma, andiamo con ordine.
A fronte della scomparsa di un tessuto economico prettamente industriale, di matrice pubblica, i vertici cittadini sono stati capaci solo di invocare (a parole) una diffusione del turismo, panacea di tutti i mali labronici, per garantire la ripresa della città. Tralasciando il fatto che qui, di politiche per il turismo, se ne vedono concretamente poche (è credibile, secondo voi, parlare di politiche per il turismo ed essere tra i pochi centri urbani a legittimare un biglietto di ingresso per l’accesso agli stabilimenti balneari?) e di turismo non si può campare per un anno (provate a comparare in termini di tutele e di retribuzione uno stipendio medio da dipendente in fabbrica e quello in un qualsiasi locale estivo), ciò che si staglia all’orizzonte è una totale assenza di contenuti, a cui si accompagna, spesso in modo sterile, un’esaltazione della città fine a se stessa.
Chiariamoci:
da laureato penso che Livorno sia bellissima e non vorrei mettere in altro posto famiglia, ma non posso ignorare come la disoccupazione, l’assenza di attenzione per i giovani e la mancanza di prospettive per il futuro siano elementi ben radicati nello scenario locale. Proprio perché ho molto a cuore la mia città, ritengo che chi dica di amarla debba, in prima persona, mettere a disposizione il proprio contributo per favorire una sua ripresa, per seminare quelle condizioni su cui possa fiorire un futuro luminoso. A tal proposito, penso che il Comune debba stimolare l’ascesa di una nuova classe imprenditoriale locale, in grado di reggere la competitività del sistema economico; servirebbero misure “shock” o drastiche quali, a titolo esemplificativo: l’assegnazione di fondi sfitti gratuitamente per un periodo di tempo adeguato per consentire l’avviamento dell’attività (similmente a quanto avvenuto in Via Garibaldi), il collegamento tra Scuole e operatori economici, sotto il controllo del Comune, per incoraggiare l’ingresso di giovani nel tessuto produttivo locale, nonché (per rispondere ad uno dei quesiti posti) la costituzione di filiere di produzione ad ampio raggio nel territorio tra Livorno, Collesalvetti, Pisa e, soprattutto, le campagne pisane. Il comune denominatore di quanto detto, in altre parole, è quello di puntare ad una ripresa della produzione e delle attività economiche individuali o di piccole dimensioni (anche in cooperazione) senza, necessariamente, passare da contesti incerti (turismo) o “pachidermici” (porto, su cui si potrebbe aprire una parentesi lunghissima per quanto sia stato invocato in questi decenni come potenziale volano di ripresa dell’economia). Quello che è mancato alla città è concretezza e su questa sfida noi giovani saremo chiamati a misurarci. Giulio Profeta
Su Differenze di genere interviene Jacopo Marzi:
“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”. Questo statuisce l’art.51 della nostra Costituzione, eppure, dopo quasi settant’anni, possiamo dire che la parità di genere non è stata raggiunta sul piano sostanziale nell’ambito professionale sia esso pubblico o privato. Certo è che sono stati fatti molti passi avanti negli anni, infatti l’accesso alle professioni oggi non è precluso alle donne, ma si annida una discriminazione sul piano culturale più che legislativo, e quindi non tanto sul piano formale bensì sostanziale.
I dati riferiti al 2015 sottolineano un divario salariale del 10,9% in sfavore delle lavoratrici, e se prendiamo una categoria come quella dei dirigenti si nota come, a parità di mansioni, gli uomini abbiano uno stipendio superiore rispetto alle donne, di circa 11.000- euro l’anno! Da questi pochi dati sorge spontaneo chiedersi per quale motivo sussista un divario salariale laddove l’accesso ai titoli d’istruzione elevati e alle stesse professioni è ormai parificato, anzi ormai certi impieghi pubblici vedono la componente maschile minoritaria; possiamo portare come esempio la magistratura, che fino al 1963 vedeva le donne escluse dalla possibilità di accedervi, (per la loro debolezza d’animo, come ribadì un Presidente della Corte di Cassazione negli anni ‘50) mentre oggi la maggior parte dei magistrati è donna.
Sul piano legislativo le donne hanno ottenuto anche la protezione data dalle cd “quote rosa”, che costringono in determinati ambiti professionali , quindi dai CdA delle grandi aziende alle cariche pubbliche elettive, a rispettare l’alternanza di genere o di veder rappresentati entrambi i generi sopra una certa soglia percentuale. Possiamo arrivare alla conclusione che il problema deve essere affrontato su un piano culturale, e possiamo parlare conseguentemente di vera e propria discriminazione sociale nei confronti del genere femminile, conosciuto anche come ‘il sesso debole’. In una società sempre più proiettata verso il progresso, le disuguaglianze di genere (su tutte la maternità) sono viste come ostacoli al profitto e non come differenze da riconoscere.”
Da dove attingete le informazioni quotidiane? Risponde Enrico Raugi
“Attingo le informazioni quotidiane da giornali online come Repubblica o dall’agenzia di informazione ANSA. Solo saltuariamente (1 volta al mese) acquisto giornali cartacei; questo più per una mera questione di tempo che di denaro. Il fattore “tempo”, nel mio caso, gioca una differenza chiave nella mia scelta tra la notizia letta sul web o sul cartaceo poiché oltre alla pigrizia nel recarmi in edicola – quando acquisto il giornale tendo a leggerlo quasi integralmente – , almeno per gli articoli che abbracciano i miei interessi. Sul web invece le notizie sono in pillole, si leggono velocemente e da qualsiasi luogo (da casa o sul treno). Alla tv seguo regolarmente il telegiornale all’ora di cena, in particolare quello di LA7. Sempre nella stessa rete trovo interessante approfondire le questioni (e il confronto) sulla politica nazionale nel programma condotto da Lilli Gruber “Otto e mezzo”. Infine, anche se con cadenza settimanale, seguo altri programmi di dibattito e informazione politica come “Dimartedì” e “Piazzapulita”.