A Pisa e Livorno D’Alema, con il suo No, ha affascinato due tipi di platee

massimo-dalema10ottobre 2016 di Beatrice Bardelli, foto e video di Giacomo Bazzi

Con il suo NO deciso al referendum costituzionale del governo Renzi ha affascinato due tipi di platee:

Quella dei giovani studenti della Scuola Normale Superiore di Pisa e quella dei cittadini “normali” di Livorno. Tutti accorsi ad ascoltare l’on.Massimo D’Alema, l’ex presidente del Consiglio (1998-2000) e l’uomo politico che ha attraversato gli ultimi 50 anni della storia del PCI: da quella di segretario della FGCI, dal 1975 al 1980, a quella di segretario nazionale del PDS (1994-1998), poi dei DS (1998) di cui divenne presidente dal 1998 al 2007, periodo in cui, sotto il governo Prodi, fu nominato ministro degli Esteri dal 2006 al 2008.

  • A Pisa ed a Livorno D’Alema ha lasciato un segno profondo. A Pisa, arrivò da Genova, appena diplomato al Liceo Classico, per frequentare la prestigiosa Scuola Normale a Pisa, città che lo vide attivo nel movimento studentesco del ’68 e dove entrò nella dirigenza locale del PCI di cui divenne capogruppo in consiglio comunale nel 1970. A Pisa, è storia, il partito PCI-PDS-DS è sempre stato dalemiano. “I pisani sono innamorati di D’Alema – si sentiva dire. E ci sono ancora vecchi partigiani come Raniero Vaghetti, che lo ricordano studente quando frequentava la loro casa in S.Ermete Storia diversa ma simile.
  • A Livorno, la città rossa dei portuali, allora grandi elettori di un partito che sembrava destinato a governare l’Italia con Berlinguer e che ora si è trasformato in una larva di partito, asfittico, autoritario e poco rappresentativo di una base che si sta sfaldando.

Image and video hosting by TinyPicD’Alema si è presentato ai pisani ed ai livornesi con l’atteggiamento posturale di chi è stato autorità di partito e di governo e si è rivolto alle “sue” platee con il tono pacato e la cadenza lenta di chi misura e soppesa le parole. Perché da politico di lunga e consolidata carriera D’Alema sa che poche parole chiare possono trasformarsi in aforismi, in messaggi forti che si fissano nella mente della gente in maniera indelebile. Tutto l’opposto di Renzi che quando parla in pubblico si trasforma in un fiume incontenibile di parole deboli e non incisive (se non per le battutine da piazzista pubblicitario) che spesso sfuggono al suo controllo e si trasformano in quei boomerang che gli hanno conquistato il soprannome di Bomba fin da ragazzo.

E’ entrato subito in argomento ed ha spiegato subito perché è stato spinto a costituire il suo Comitato del NO presieduto dall’avvocato Guido Carli.

Sovranità popolare.

“Considero questa riforma una riforma sbagliata, una riforma dannosa, un’occasione perduta e per certi aspetti anche una riforma pericolosa perché restringe gli spazi della partecipazione e dell’esercizio della sovranità popolare”.

C’è una nuova idea di democrazia.

“Questa riforma si muove da un’idea della democrazia che sostanzialmente è un’idea della democrazia dell’investitura. Il problema della democrazia (per questo governo n.d.r.) è come trovare un modo per garantire che il sovrano, che non è più il popolo che esercita la sovranità, riceva un’investitura popolare e sia messo nelle condizioni di garantire la governabilità del paese”.

Governabilità.

“E’ una parola antica che nel dibattito politico italiano ha una storia oramai pluriennale. Senza disprezzare la necessità che il paese abbia governi stabili, penso che la governabilità non può prescindere dalla partecipazione popolare, dal consenso dei cittadini, dal coinvolgimento dei corpi intermedi della società perché altrimenti la governabilità si riduce al comando di una ristretta oligarchia. Un uomo solo al comando. Un ristretto gruppo, non dico neanche un partito perché i partiti tendono a consumarsi, ad essere sostituiti dai cerchi magici, cioè dal capo e dal gruppo ristretto dei suoi collaboratori. Ora, questa tendenza è una tendenza a mio giudizio negativa. Mi sforzerò di dimostrare che questa riforma va esattamente in questa direzione e questa è la ragione principale per cui io ritengo che sia giusto votare NO”.

La campagna del SI

“La campagna a favore del Sì martella su alcuni temi, il tema principale è che il paese ha perso tempo, ha avuto una classe dirigente inerte per 20 anni, 30 anni, poi è comparso sulla scena, finalmente, il “grande riformatore”. Questi sono miracoli che non avvengono mai casualmente.

Le riforme costituzionali.

“La Costituzione repubblicana ha conosciuto nel corso di questi lunghi anni, dalla sua approvazione, 1947, entrò in vigore nel ’48, ad oggi, 35 riforme. Parziali. Nessuno ha mai pensato di proporre con l’art. 138 una riscrittura di 47 articoli. Quindi, non è intoccabile, primo, secondo, non è vero che sia mancata una volontà riformatrice. Naturalmente, riforme giuste e riforme sbagliate. Le riforme possono essere giuste o sbagliate, non è detto che la parola “riforma” sia una parola magica. Però, quello che non si può dire è che non ci siano state delle riforme per modernizzare il sistema politico italiano”.

Le riforme del Centro sinistra

“Il Centro sinistra fece la riforma della legge elettorale introducendo il sistema uninominale maggioritario che ha cambiato lo scenario politico italiano. Poi questa riforma fu oggetto di una controriforma da parte di Berlusconi che impose la legge Calderoli detta il Porcellum. Il Centro sinistra promosse l’elezione diretta dei sindaci, l’elezione diretta dei presidenti delle Regioni. Queste non sono propriamente riforme costituzionali ma sicuramente sono riforme di rango costituzionale. E’ stata fatta la riforma dell’art. 68, sull’immunità parlamentare, che prima era preclusiva della possibilità dei magistrati di svolgere indagini e questa preclusione è stata rimossa. Non fu semplice. E’ stato introdotto in Costituzione il sistema delle garanzie del giusto processo, cosa che ha creato anche delle discussioni con una parte della Magistratura. Si è riformato l’art. 81 introducendo un principio di grandissimo rilievo che è quello dell’equilibrio strutturale di bilancio cioè che non si possono spendere i soldi che non si hanno, che ha rappresentato un cambiamento di enorme portata”.

La riforma del Titolo V.

“Fu fatta, a maggioranza, la riforma del Titolo V. Tutte le riforme che ho elencato sono riforme che sono state fatte con un ampio consenso poi ci sono state alcune riforme che sono state imposte con una maggioranza di governo. E’ stato imposto con una maggioranza ristretta la riforma del Titolo V. Fu fatto alla vigilia delle elezioni del 2001. Io espressi allora le mie perplessità anche se il testo era il testo base che fu adottato poi fu cambiato nel corso del dibattito, ma era il testo che era stato approvato da tutti nella Commissione bicamerale. Tuttavia, approvare in conclusione di legislatura una riforma di quella portata con una maggioranza ristretta mi parve un errore”.

Renzi attacca D’Alema? D’Alema lo folgora.

“Lo dico perché Renzi ha detto che D’Alema ha fatto la riforma del Titolo V della Costituzione poi ha dovuto fare un passo indietro perché il governo era il governo Amato. Siccome lui non può dire male di Amato perché è membro della Corte Costituzionale, allora ha fatto finta di niente e ha cambiato discorso. Si era sbagliato con le date. Questo dipende non da lui, poverino, che non sa niente, ma dal cerchio magico. Glielo dovrebbero dire, però, in fondo non è difficile, uno vede la legge, vede la data, vede i governi, basta internet a volte, almeno per le informazioni fondamentali, non è necessario proprio leggere dei libri…”.

Quella riforma fu un errore.

“La riforma del Titolo V fu voluta in particolare da Rutelli che era il candidato del Centro sinistra. Si convinse che facendo quella riforma noi avremmo svuotato la Lega e vinto le elezioni e insistette perché si facesse la riforma. Ma fu unerrore ed il Centro sinistra, già due, tre anni dopo, fece una riflessione autocritica dicendo che era stato un errore”.

La riforma Renzi? E’ quella di Berlusconi

“Ci dicono che non abbiamo mai fatto la riforma del bicameralismo. Per la verità il Parlamento, nel novembre del 2005, approvò una riforma del bicameralismo che prevedeva il superamento del bicameralismo perfetto, la riduzione del numero dei parlamentari…una riforma molto simile alla riforma Renzi che fu approvata dalla maggioranza di Centro destra per volontà di Silvio Berlusconi. Quindi, la riforma di Renzi non è una novità assoluta, è stata già fatta, 10 anni fa da Berlusconi. Solo che noi ci opponemmo, chiedemmo il referendum popolare e nel referendum popolare la bocciammo”.

 

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