Il 10 aprile 2016, la Giornata di lutto Regionale per i 25anni dalla strage del Moby Prince
14aprile 2016 di Giovanna Pagani –WILPF Italia
- 140 urli tra le fiamme (ma la richiesta di aiuto è rimasta inascoltata).
- 140 pugni alla ricerca della salvezza (perché criminosamente non è stato attivato il sistema di soccorso da parte del comandante del porto Sergio Albanese, successivamente rimosso per i suoi meriti).
- 140 voci per gridare che ancora la vita c’era sul Moby Prince (per alcuni è durata fino a sei ore dopo lo scoppio dell’incendio: ci sono le prove).
- 140 persone lasciate bruciare tra sofferenze atroci.
- 140 vite spezzate che non ci sono più coi loro progetti, le loro aspirazioni, i loro affetti.
- 140 corpi coperti da bianche lenzuola, un’immensa distesa.
- 140 famiglie dilaniate.
- 140 vittime di una mano criminosa che ha cercato di occultare la verità e impedire la giustizia (la nave era sotto sequestro ma ci sono state manomissioni e sono spariti importanti elementi essenziali alle indagini. Così come sono scomparsi i tracciati radar e le immagini satellitari).
- 140 persone che sono morte ma assieme a loro un solidale popolo di donne e uomini che si sentono 141: hanno il cuore insanguinato dal dolore e dalla rabbia, ma anche la determinazione e il coraggio per arrivare alla verità e alla giustizia sulla strage del Moby Prince.
Tutto questo lo abbiamo sentito uscire dal monumento-scultura che è stato inaugurato in Fortezza Nuova (sede provvisoria dell’opera) in occasione del 25° anniversario della tragedia del Moby Prince. Un grande cubo in corten (il materiale per le imbancazioni) con lo stesso colore del relitto bruciato del Moby Prince; un cubo sonoro con la registrazione dei 140 colpi di martello dati dallo scultore durante la realizzazione del monumento.
Dall’esterno plasticamente i colpi si evidenziano come i pugni della disperazione dei 140 che vogliono fuggire dall’inferno della morte: pugni più forti, meno forti, grandi, piccoli o anche appena accennati. L’impatto emotivo è penetrante: si vive un dolore lancinante che grida “giustizia e verita. Subito!”
Il popolo dei 141 è grato a Loris Rispoli (sua sorella lavorava sul Moby Prince) e a Luchino Chessa (suo papà era il comandante del Moby Prince) per il coraggio, la forza e la determinazione.
Da 25 anni coordinano le Associazioni dei familiari delle vittime. Entrambi sono di esempio per noi che amiamo la democrazia che si nutre di diritti, prevenzione, sicurezza, trasparenza, giustizia e solidarietà
Dopo tre inchieste e due processi, dopo 25 anni di dolore, aspettative, speranze, delusioni, il loro impegno sostenuto dalla parte sana della politica e delle istituzioni ha reso possibile nel luglio 2015 il costituirsi della Commissione di Inchiesta che sta alacremente lavorando anche attraverso l’ascolto delle testimonianze dei familiari. Una Commissione votata all’unanimità in parlamento. Il Presidente, Senatore Silvio Lai ha espressamente detto che si augura per il prossimo 10 Aprile di poter commemorare la strage del Moby Prince alla luce della verità: la Commissione aspira alla giustizia e i suoi membri non hanno paura di scoprire la verità.
Ce lo auguriamo, perché i lati oscuri della tragica vicenda dell’incendio del Moby Prince -scontratosi con la petroliera Agip Abruzzo a solo 2 miglia dal porto, quella tragica notte del 10 aprile 1991- sono davvero inquietanti. Il contesto internazionale in cui si è consuma la tragedia è quello della prima guerra del Golfo. E il porto di Livorno è uno degli 11 porti militari italiani. Quali erano le navi presenti il 10 aprile nel porto? Quali segrete operazioni militari si stavano effettuando? Quale il ruolo della vicina Base militare Usa di Camp Darby, così funzionale e strategica per le operazioni belliche in corso contro l’Irak?
In occasione delle ricorrenza la Sala Consiliare del Comune di Livorno era colorata dei gonfaloni di vari Comuni, delle rosse magliette dei 141, l’azzurro dei podisti che ogni 10 aprile da vari anni fanno una staffetta tra i comuni toscani in segno di solidarietà e delle divise fosforescenti dei volontari dell’SVS che ha avuto un ruolo importantissimo durante la fase di recupero delle vittime. Ma soprattutto la sala palpitava della toccante testimonianza dei parenti delle vittime e della solidarietà portata da altri parenti di vittime di altre tragedie o meglio “crimini in tempo di pace”.
Tra loro il Comitato vittime Stazione di Viareggio. In sala anche tanti politici e rappresentanti dell’associazionismo, accolti dal Sindaco Nogarin. E’ seguito il Corteo silenzioso aperto dai gonfaloni cittadini che ha fatto snodare i suoi colori in città arrivando sino al Porto. Qui, dopo la lettura struggente dei nomi delle 140 vittime, è seguito il lancio in mare delle rose.
Troppe morti per le ingiustizie impunite. Verita’ e Giustizia pure io ho gridata al mare, lanciando la mia rosa coi suoi petali di lacrime per chi non c’è più, ma ci spinge a lottare. Mai più crimini!